Il regalo più grande è stato il sorriso di Colline, il bambino che, sei anni fa, è rimasto gravemente ustionato nell’incendio della capanna in cui viveva con i genitori, morti tra le fiamme. Le ustioni riportate, curate alla bene e meglio, gli avevano provocato cicatrici che gli impedivano di muovere un braccio. Operato un anno fa dall’equipe dei medici italiani della onlus Cute project, Colline ha voluto rivedere i dottori e gli infermieri che gli hanno regalato una seconda chance e che, a febbraio, sono tornati in Uganda per proseguire la loro missione.

“La storia di Colline da sola dà un senso a tutto il nostro lavoro”, racconta Fabrizio Melfa, medico palermitano che fa parte dell’equipe sanitaria che dal 2012 fa la spola tra Italia, Congo, Uganda e Benin per portare le cure in zone in cui la sanità è un privilegio di pochi e per fare formazione tra i medici locali. Melfa sta tornando in Italia. Cute Project ha appena terminato la sua ultima trasferta africana con numeri significativi: oltre 170 pazienti visitati – il 40% dei quali bambini dai due ai 6 anni- 56 interventi in anestesia locale e 48 in anestesia generale e decine di medicazioni di ustioni gravi. Base dell’equipe è stata Fort Portal scelta da Cute project come avamposto per la missione ugandese per i rapporti che la onlus ha stretto con un medico locale, Edris Kalanzi.

“Quando fai esperienze simili hai la sensazione di poter davvero cambiare la vita alle persone – spiega il dottor Melfa – e soprattutto ti rendi conto, da come i pazienti ti abbracciano, ti salutano, che comprendono l’importanza dell’aiuto che hai dato loro”. “In certe realtà non esiste la chirurgia estetica, ma solo quella che definirei funzionale. – spiega – Un’ustione non curata bene causa cicatrici che rendono la persona disabile e impediscono il suo reinserimento nella vita normale. Con certi interventi si regala al paziente una nuova chance”.

Le giornate africane dell’equipe di Cute project, onlus, presieduta dal dottor Daniele Bollero, chirurgo plastico, sono infinite.

“Sveglia presto e un intervento dietro l’altro per consentire a tutti i pazienti che nei mesi si sono prenotati di poter essere visitati e, se serve, operati – racconta – lavoriamo 12-13 ore al giorno in un ospedale in cui spesso mancano anche strumenti importanti e medicine e che funziona generalmente solo per le urgenze”.

Oltre alla professionalità, Cute Project, che si finanzia solo grazie alle donazioni dei privati, mette a disposizione dell’ospedale tutto il materiale sanitario necessario per la missione chirurgica e ne lascia una parte per il proseguimento dell’assistenza ai pazienti operati. Diverse le patologie trattate, molte relative alle ustioni che sono un serio problema perché spesso diventano invalidanti.

“Le persone, in questa remota parte dell’Africa – racconta Melfa – vivono in capanne di legno o paglia e spesso al centro dell’unica stanza ci sono pentoloni poggiati sulle pietre, per cui gli incidenti e gli incendi sono all’ordine de giorno”. Oltre a curare pazienti che difficilmente potrebbero ricevere aiuto, Cute project forma i medici africani, specializzandi e neo-laureati, che in dieci giorni assistono i colleghi italiani in una sorta di full immersion chirurgica. Gli ultimi due giorni della missione sono dedicati alle medicazioni: l’equipe lascia l’Uganda, dove conta di tornare tra qualche mese, con la consapevolezza di aver fatto il grosso del lavoro. E la certezza che gli amici africani faranno il resto.