- Fabrizio Corona è stato trasferito nel carcere di Monza.
- La notizia è stata duramente commentata dal legale Ivano Chiesa.
- Sul caso è intervenuto anche il Garante dei detenuti della Regione Lombardia.
Fabrizio Corona, dopo il ricovero per una decina di giorni nel reparto di psichiatria dell’ospedale Niguarda di Milano perché si era inferto alcuni tagli, è stato trasferito nel carcere di Monza.
Ivano Chiesa, legale dell’ex agente fotografico siciliano, appresa la notizia, ha affermato: «Sta molto male, sono 12 giorni che non mangia, è imbottito di psicofarmaci e si regge a malapena in piedi, mi chiedo dove è finita l’umanità in questo Paese, non riconosco più il mio Paese».
L’avvocato si è recato al carcere per incontrare Corona, 46 anni, che «sta proseguendo lo sciopero della fame», riferendo che «non ho mai visto le dimissioni da un ospedale con trasferimento in carcere alle 23, mai visto un trasferimento in carcere notturno in 35 anni di carriera, se l’hanno fatto per problemi mediatici o di clamore sono ancora più sconcertato». Il legale ha aggiunto: «Sono senza parole, non capisco più lo Stato in cui vivo».
Nei giorni scorsi era stato deciso di portare Corona nel carcere milanese di Opera, ma dopo il ricovero al Niguarda, per il gesto di autolesionismo, è stato scelto il carcere di Monza, che ha anche un’apposita sezione con osservazione psichiatrica per i detenuti.
Sulla vicenda è intervenuto anche Carlo Lio, Garante dei detenuti di Regione Lombardia: «Per le persone che presentano patologie psichiatriche andrebbe formulato un percorso che non può prescindere dalla presa in carico sanitaria del soggetto e dall’individuazione del luogo più idoneo al percorso riabilitativo, che spesso non è compatibile con le strutture detentive carcerarie».
«Si auspica pertanto – ha aggiunto il Garante – che le valutazioni tecniche psichiatriche e psicologiche dei clinici concorrano a determinare le misure più idonee individuate dai magistrati per i soggetti che presentino una diagnosi di patologia psichiatrica acclarata».
«L’esperienza che ho maturato – ha continuato Lio – mi porta ad affermare che, all’interno degli istituti di pena, le persone a cui è stato diagnosticato un disturbo psichiatrico difficilmente riescono ad ottenere trattamenti adeguati».
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