Simone Benvenuti è morto a soli 23 anni il 16 gennaio scorso all’ospedale San Giovanni di Dio di Firenze senza la possibilità di vedere i familiari a causa dei protocolli anti Covid-19.

La madre, Rosalia De Caro, intevenuta ad Agorà, su Rai3, ha raccontato: “Il nostro sbaglio è stato di rispettare le regole, di rispettare il lavoro dei medici, ci siamo fidati, ma quando ci hanno chiamato alle 4 del mattino era tardi e mio figlio è morto da solo. Qui si parla di disumanità, ne parlo perché spero che le cose cambino, lo faccio per un’altra mamma”.

“Quando la dottoressa mi ha detto che la situazione era grave – ha aggiunto la madre del giovane – ho chiesto di poter andare, sono vaccinata, avrei potuto fare un tampone, ero disposta a stare fuori dal reparto. Ma mi hanno detto che non potevo entrare per il Covid e che era inutile stare là fuori a prendere freddo. Poi alle 4 di mattina mi hanno chiamato dicendo di correre all’ospedale e quando sono arrivata lì con i miei genitori Simone era morto da poco. Da vivo non ce l’hanno fatto vedere, ma quando era morto ci hanno fatto entrare nella sua stanza in cui c’erano anche altri due pazienti. È assurdo. E quando lo abbiamo fatto notare ai medici, hanno abbassato la testa e non ci hanno risposto”.

La risposta dell’ASL

L’Azienda Usl Toscana centro, con una nota, ha espresso “sentite condoglianze e vicinanza ai genitori e alla famiglia” di Simone Benvenuti. La direzione sanitaria dell’ospedale ha spiegato quanto accaduto. Il giovane era stato ricoverato giovedì 13 gennaio per una sindrome emolitica di cui era affetto fin da bambino. Il decorso clinico è stato stabile e il paziente è stato trattato con terapia concordata con lo specialista ematologo.

“Le condizioni di salute dei pazienti ricoverati vengono comunicate telefonicamente ai familiari ogni due giorni, salvo situazioni di emergenza che richiedono contatti immediati, in ottemperanza a quanto disposto dalle norme in materia di sicurezza anticontagio”.

Nella nota è stato sottolineato che la circolare regionale prevede deroga di accesso dei parenti nei reparti nei seguenti casi: stato terminale o marcato aggravamento, minori o persone con disabilità. Casistica che non era applicabile nel caso del 23enne.