C’è un posto in Giappone, dove i delfini vengono catturati per essere macellati oppure trasferiti a vita nei delfinari.

Nella baia di Taiji, ogni anno, dal mese di settembre fino a quello di marzo, centinaia di delfini vengono intercettati in alto mare e costretti a dirigersi verso la baia di Taiji.  I cetacei, infatti, devono subire una trappola invisibile creata dalla flotta peschereccia, lanciando in mare dei diffusori acustici. Gli animali avvertono tale ingerenza come nociva e tentando di scappare vengono di fatto indirizzati all’interno della baia.

Qui avverrà la cattura o l’uccisione che servirà il locale mercato della carne.

A documentare quanto succede nella baia sono i volontari di Sea Shepherd e del Dolphin Project. Quest’ultimo è stato voluto da Richard O’Barry, un ex addestratore di delfini americano che, gettato alle ortiche il suo lavoro, ha deciso di dedicare la vita alla salvaguardia dei cetacei. Un nome, quello di O’Barry, molto noto anche per essere stato l’addestratore del delfino “Flipper”, protagonista (anche se in realtà si trattava di più animali) di una serie televisiva degli anni sessanta. Fu proprio quando mori tra le sue braccia  uno dei delfini addestrati, che O’Barry decise di dare una sterzata alla sua vita.

Purtroppo stamani si è ripetuta la strage. Trentacinque Stenelle imprigionate nella baia sono state uccise per essere macellate. Una mattanza incomprensibile, anche dal punto di vista economico, che però parrebbe giustificare l’altro business, ossia quello della fornitura dei delfinari che da solo può fruttare parecchie decine di migliaia di dollari per singolo animale.