A Mariupol, “i russi  hanno lanciato una potente bomba su un ospedale vicino all’Azovstal“. Lo ha comunicato Sergiy Taruta, parlamentare ucraino, rilanciato anche dall’agenzia di stampa Unian, in attesa che sia confermata da altre fonti.

“Secondo le mie informazioni, ci sono circa 300 persone sotto le macerie, compresi bambini”. Nell’ospedale, stando a quanto detto da Taruta, erano rifugiati i civili “perché non ci sono altri posti dove nascondersi in una città distrutta”. Inoltre, è stato osservato una colonna di fumo biano levarsi sopra l’acciaieria, come riportato dal Guardian, mostrando l’immagine in un video.

Tuttavia, il consigliere del sindaco di Mariupol Petro Andryushchenko ha negato che dei civili fossero nascosti nell’ospedale di Mariupol vicino all’acciaieria Azovstal colpito da un bombardamento russo: “Mariupol, in particolare la zona dell’Azovstal, è sotto pesante bombardamento ma da molto tempo nessuno si nasconde nell’edificio dell’ospedale distrutto”, ha spiegato.

In attesa di conferme, la Russia aveva offerto un’altra opportunità di resa alle forze ucraine rimaste rimaste rintanate nell’acciaieria Azovstal, cioè uscire dalla struttura entro due ore dall’ultimatum – che è scaduto – senza armi o munizioni, come ordinato dal Ministero della Difesa Russo, ripreso da Russia Today. Nel dettaglio, il Ministero ha dichiarato: “Considerando la situazione catastrofica nell’impianto metallurgico Azovstal, le forze armate russe offrono nuovamente ai militanti dei battaglioni nazionalisti e ai mercenari stranieri di fermare le ostilità e di deporre le armi a partire dalle 12:00 ora di Mosca del 19 aprile 2022. A tutti coloro che depongono le armi è garantita la sopravvivenza”. Si tratta dell’ennesimo ultimatum russo dopo quello già proposto domenica scorsa e rifiutato dalle autorità di Kiev.

Infine, Fedir Venislavsky, membro della commissione parlamentare per la sicurezza nazionale e la difesa ucraina, ha sostenuto che ieri i russi hanno usato per la prima volta a Mariupol una bomba da tre tonnellate con lo svopo di “distruggere al massimo i locali e le comunicazioni” dell’industria siderurgica.

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