Le tensioni tra Israele e Iran stanno raggiungendo un punto di svolta, con il rischio concreto di un conflitto militare che potrebbe destabilizzare ulteriormente la regione.

Secondo fonti autorevoli, Israele starebbe considerando un’azione militare unilaterale contro gli impianti nucleari iraniani, una mossa che potrebbe compromettere i delicati negoziati sul programma nucleare iraniano portati avanti dall’amministrazione del presidente Donald Trump. Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno avviato il ritiro di personale non essenziale dall’ambasciata in Iraq e autorizzato la partenza volontaria dei familiari dei militari presenti in Medio Oriente.

La posizione di Israele: un attacco unilaterale in vista?

Secondo quanto riportato da diversi media americani, tra cui il New York Times e NBC, Israele sta valutando seriamente un’operazione militare contro gli impianti nucleari iraniani, probabilmente senza il supporto degli Stati Uniti. Cinque fonti citate da NBC indicano che il governo israeliano, guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu, considera inaccettabili le condizioni di un possibile accordo nucleare tra Stati Uniti e Iran, in particolare quelle che permetterebbero a Teheran di mantenere capacità di arricchimento dell’uranio, anche se limitate.

Netanyahu, che da anni considera l’Iran una minaccia esistenziale per Israele, ha già manifestato in passato l’intenzione di colpire i siti nucleari iraniani. A ottobre 2024, un attacco iraniano con circa 200 missili balistici contro Israele, in risposta a precedenti azioni militari, ha dimostrato la capacità di Teheran di lanciare offensive su larga scala, sebbene la maggior parte dei missili sia stata intercettata, con danni limitati.

La risposta iraniana: piani di contrattacco e prontezza militare

Un alto funzionario iraniano, citato dal New York Times, ha rivelato che Teheran ha già elaborato un piano di risposta a un eventuale attacco israeliano. Il piano prevederebbe un contrattacco immediato, simile a quello dell’ottobre 2024, con il lancio di centinaia di missili balistici. La Marina delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane (IRGC), sotto il comando di Hossein Salami, ha dichiarato di essere “pienamente pronta” a rispondere a qualsiasi minaccia. Salami, durante una visita alle unità navali dell’IRGC, ha sottolineato un “balzo in avanti senza precedenti” nelle capacità di combattimento della Marina, con sistemi di combattimento sviluppati a livello nazionale e la capacità di operare sia in battaglie ravvicinate che a lungo raggio.

L’agenzia di stampa iraniana Mehr riporta che Salami ha enfatizzato la determinazione dell’Iran a proteggere i propri interessi regionali e marittimi, con la Marina pronta a operare in acque internazionali. Inoltre, l’UK Maritime Trade Operations (UKMTO) ha emesso un avviso alle navi in transito nel Golfo Persico, nel Golfo di Oman e nello Stretto di Hormuz, raccomandando massima cautela a causa del rischio di un’escalation militare che potrebbe interrompere le operazioni marittime.

Gli Stati Uniti: negoziati a rischio e ritiro del personale

L’amministrazione Trump sta spingendo per un accordo diplomatico con l’Iran per limitare il suo programma nucleare, con il sesto round di negoziati previsto per domenica in Oman, guidato dall’inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff. Tuttavia, la prospettiva di un attacco israeliano minaccia di far deragliare questi sforzi. Il presidente Donald Trump, parlando dal Kennedy Center il 10 giugno, ha confermato il ritiro di personale americano dal Medio Oriente, dichiarando: “Vengono spostati perché potrebbe diventare un posto pericoloso”. Trump ha ribadito la posizione degli Stati Uniti: “Non permetteremo che l’Iran sviluppi un’arma nucleare”.

Il Dipartimento di Stato americano ha annunciato la riduzione del personale non essenziale presso l’ambasciata in Iraq, mentre il Pentagono ha autorizzato la partenza volontaria dei familiari dei militari dislocati nella regione.