Laura Santi, giornalista perugina di 50 anni, è morta ieri, 21 luglio, nella sua casa di Perugia, dopo essersi autosomministrata un farmaco letale per porre fine alle sofferenze causate da una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla. Accanto a lei, fino all’ultimo istante, il marito Stefano Massoli, che l’ha sostenuta non solo nella lotta contro la malattia, ma anche nella sua battaglia per il diritto al suicidio assistito. Laura, attivista e consigliera generale dell’Associazione Luca Coscioni, è stata la nona persona in Italia, e la prima in Umbria, a ottenere il via libera per questa procedura, dopo un iter giudiziario durato quasi tre anni.
Un percorso di sofferenza e resistenza
Laura Santi conviveva con la sclerosi multipla da oltre 25 anni. Negli ultimi anni, la malattia aveva raggiunto uno stadio avanzato, rendendola completamente tetraplegica, costretta su una sedia a rotelle e afflitta da spasmi dolorosi e incontinenza. “Dopo anni di progressione di malattia e dopo l’ultimo anno di peggioramento feroce delle sue condizioni, le sue sofferenze erano diventate per lei intollerabili”, ha dichiarato il marito Stefano, sottolineando il peso fisico e psicologico che Laura ha dovuto sopportare. La giornalista, nota per il suo lavoro con testate locali come il Corriere dell’Umbria e Tef Channel, non si è mai arresa, trasformando il suo dolore in un impegno attivo per i diritti e le libertà individuali.
La battaglia legale per il diritto alla scelta
Il percorso di Laura per accedere al suicidio assistito è stato lungo e tortuoso. Iniziato nell’aprile 2022, quando presentò la richiesta alla ASL Umbria 1, il suo iter ha richiesto tre anni di lotte legali, tra denunce, diffide, un ricorso d’urgenza e un reclamo contro l’azienda sanitaria. Solo nel novembre 2024, Laura ha ottenuto una relazione medica completa che attestava il possesso dei requisiti stabiliti dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale, che regola l’accesso al suicidio assistito in Italia. A giugno 2025, il collegio medico di esperti e il comitato etico hanno confermato il protocollo farmacologico e le modalità di assunzione. Il farmaco e la strumentazione necessaria sono stati forniti dall’ASL, mentre il personale medico e infermieristico ha partecipato su base volontaria.
Le parole di Laura: un appello alla libertà
Laura Santi ha lasciato una lettera di saluto, affidata all’Associazione Luca Coscioni, che rappresenta un potente testamento della sua lotta per l’autodeterminazione. “Quando leggerete queste righe io non ci sarò più, perché avrò deciso di smettere di soffrire. Nonostante la mia scelta fosse ormai nota a tutti, questo mio gesto finale arriva nel silenzio e darà disappunto e dolore. Vi chiedo di comprendere il perché di questo silenzio. Anche nella certezza della mia decisione si tratta del gesto più totale e definitivo che un essere umano possa compiere, ci vogliono sangue freddo e nervi d’acciaio”, ha scritto.
Laura ha poi aggiunto: “La vita è degna di essere vissuta, se uno lo vuole, anche fino a 100 anni e nelle condizioni più feroci, ma dobbiamo essere noi che viviamo questa sofferenza estrema a decidere e nessun altro. Io sto per morire. Non potete capire che senso di libertà dalle sofferenze, dall’inferno quotidiano che ormai sto vivendo. O forse lo potete capire. State tranquilli per me. Io mi porto di là sorrisi, credo che sia così. Mi porto di là un sacco di bellezza che mi avete regalato”. Le sue parole sono un invito a non rassegnarsi: “Ricordatemi. E nel ricordarmi non vi stancate mai di combattere. Vi prego, non vi rassegnate mai”.
Il ruolo dell’Associazione Luca Coscioni
L’Associazione Luca Coscioni, di cui Laura era consigliera generale, ha avuto un ruolo fondamentale nel sostenere la sua battaglia. Attraverso il lavoro del team legale, coordinato dall’avvocata Filomena Gallo, e il supporto del tesoriere Marco Cappato, Laura ha potuto far valere il suo diritto alla morte volontaria assistita. L’associazione ha denunciato i ritardi e le omissioni dell’ASL Umbria 1, che inizialmente aveva respinto la richiesta di Laura, sostenendo che non fosse dipendente da “trattamenti di sostegno vitale”, uno dei requisiti richiesti dalla sentenza della Corte Costituzionale. Una successiva pronuncia della Corte, nel 2023, ha ampliato questa definizione, consentendo a Laura di proseguire il suo percorso.
Un monito per una legge chiara
Nella sua lettera, Laura ha lanciato un appello accorato per una legislazione più chiara e rispettosa dei diritti dei malati. “Sul fine vita sento uno sproloquio senza fine, l’ingerenza cronica del Vaticano, l’incompetenza della politica. Il disegno di legge che sta portando avanti la maggioranza è un colpo di mano che annullerebbe tutti i diritti. Pretendete invece una buona legge, che rispetti i malati e i loro bisogni. Esercitate il vostro spirito critico, fate pressione, organizzatevi e non restate a guardare, ma attivatevi, perché potrebbe un giorno riguardare anche voi o i vostri cari”, ha scritto. La sua battaglia si inserisce in un contesto più ampio, in cui l’Italia fatica a regolamentare il fine vita, nonostante la sentenza della Corte Costituzionale del 2019. La Toscana è stata la prima regione a dotarsi di una legge per il suicidio assistito, mentre altre regioni, come l’Umbria, mostrano ancora ritardi significativi.
Un addio commosso a Perugia
Laura ha voluto ringraziare chi le è stato vicino: la sua famiglia, gli amici, i colleghi, i medici, le sue assistenti e i compagni di attivismo. “La mia amata Perugia. I miei medici, le mie palliativiste, i miei fisioterapisti, un grazie particolare a Daniela per avermi dato negli anni gli strumenti per combattere. Le mie assistenti, la mia seconda famiglia in quest’ultimo tratto”, ha scritto. Un commiato civile è previsto per il 23 luglio alle 17:30 presso la Casa Funeraria I.F.A. Passeri a Perugia.






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