Per nove anni una donna ha segregato in casa la figlia minorenne, costringendola ad abbandonare la scuola e impedendole di vedere amici e conoscenti. Inoltre, la riempiva di farmaci che contenevano anche oppiacei, sostanze stupefacenti.

Quest’incubo è avvenuto a Lucca, in Toscana, e il Procuratore della Repubblica ha indagato un’infermiera per vari reati, tra cui le lesioni personale aggravate e maltrattamenti in famiglia.

Stando all’accusa, l’infermiera ha obbligato alla figlia uno stile di vita e comportamentale che l’hanno portata a gravi patologie psicofisiche e per molto tempo è stata anche costretta al ricovero in ospedale, pure in rianimazione. La madre si è difesa parlando di fibromialgia ma, secondo la Procura, i disturbi della figlia sono stati causati da un’intossicazione di farmaci, somministrati in dosi eccessive.

La terribile storia è emersa quasi due anni fa quando, dopo le dimissioni della giovane, i carabinieri hanno aperto un’indagine grazie alla quale hanno scoperto che l’infermiera aveva sottratto vari farmaci dall’ospedale e sostanze stupefacenti, come la morfina, il Codamol e lo Xanax, rinvenuti poi in casa dell’infermiera.

Poi, è stato appurato che la donna temeva di «perdere la figlia», ragione per cui ha provato in ogni modo a «tenerla con sè». In pratica, secondo gli investigatori, la donna sarebbe affetta dalla Sindrome di Münchhausen per procura, conosciuta anche come sindrome di Polle: un disturbo mentale che affligge genitori o tutori, di solito le madri, e li spinge ad arrecare un danno fisico al figlio (ma anche a un’altra persona o a un’animale domestico) per farlo credere malato e attirare l’attenzione su di sè.

Adesso la vicenda è approdata al Tribunale di Lucca.