Pallottoliere alla mano 62+18+58 somma 138.
E invece 107+51 fa 158.
Per arrivare a 161 mancano 23 per il primo calcolo e 3 per il secondo.
La battuta è facile: qui si danno i numeri. Ma non sono numeri a vanvera: 62 sono i senatori di Forza Italia, 18 quelli di Fratelli d’Italia e 58 quelli che siedono a Palazzo Madama con indosso la casacca della lega di Salvini.
107 sono i senatori pentastellati e 51 quelli del Partito democratico. Dal calcolo mancano gli otto senatori del gruppo delle Autonomie e i 15 del gruppo misto che nella sua pancia contiene anche i parlamentari di Leu e 5 dissidenti del Movimento 5 Stelle.
La domanda è questa: oggi alle 16 quando la presidente (forzista) di Palazzo Madama, Maria Elisabetta Alberti Casellati aprirà la conferenza dei capigruppo per calendarizzare i lavori d’aula sulla crisi di governo balneare aperta dal Capitano, i conti di Salvini sono davvero al sicuro?
Certo la povera Casellati dovrà fare giochi di equilibrismo spinto per non far passare l’idea che voglia preservare la voglia matta di andare al voto subito, subitissimo, di Matteo Salvini contro il volere delle altre forze parlamentari e proprio mentre il suo dante causa, Berlusconi tratta con il Capitano una reunion che ai più sembrava orma impossibile. Però la scappatoia la Presidente la presidente l’ha già trovata: convocare l’aula di Palazzo madama “nell’ipotesi in cui il calendario dei lavori non venga approvato in capigruppo all’unaminità”. Quindi a decidere la data in cui sarà discussa la sfiducia a Conte saranno tutti i senatori riuniti.
D’altronde insieme all’amica Giorgia Meloni e proprio al sempre presidente Silvio Berlusconi (ma nel gruppo azzurro conviene solo a lui), il ministro dell’Interno è l’unico interessato, almeno così sbraita fra un mojito e una spruzzata d’acqua in viso per contestarlo (o raffreddarlo), ad andare subito al voto.
Gli altri perché mai dovrebbero consentirgli di spegnere le macchine e dare il via ad un’enorme procedura di eutanasia assistita?
Perché un’alleanza M5S-PD è innaturale come il parmigiano sulla pasta con le vongole, si dirà. Vero. Verissimo. Esattamente come il contratto del governo del cambiamento che gli anti-sistema per eccellenza, i grillini, hanno firmato con il partito più vecchio presente in Parlamento. Vecchio nel senso anagrafico riferito al partito: Forza Italia nasce addirittura dopo la lega Nord del senatur Bossi, il Pd è un giovine virgulto (che sta per essere ammazzato in culla) e pure i figli della lupa della Meloni in confronto sono dei bebè.
E allora perché ci si dovrebbe scandalizzare se oggi, politicamente, si volesse far inciampare il Capitano sulle ciabatte che calzava al Papetee Beach mentre pensava a come in…tortare i suoi ex compagni di viaggio tanto odiati? Il peso politico dei gruppi 5S e Dem al Senato avrebbe l’effetto di rimandare la discussione della sfiducia al governo Conte a dopo la settimana di Ferragosto e di calendarizzare anche la sfiducia al ministro dell’Interno (anche se nei regolamenti scritti e in quelli non scritti della Camera più alta si discute prima la sfiducia al governo e dopo quella ai ministri), come richiesto dal Pd.
E poi? Poi le strade sono aperte: la prima convergenza d’intenti di doggi rischia di essere un viatico a sviluppi imprevedibili ed anche effettivamente indigesti.
Indigesti agli elettori grillini che però quando parla il Capo (ovvero il comico Beppe Grillo che dal suo blog propugna di fermare l’avanzata dei nuovi barbari) si convincono immediatamente e soprattutto fideisticamente.
Indigesti per gli elettori Pd che non hanno dimenticato – e bene fanno – la malafigura internazionale a cui i grillini della prima ora in Parlamento guidati proprio dal Grande Capo Augh Grillo hanno costretto l’ex segretario Pd, Pierluigi Bersani. Però ieri intervistato dal Corriere della Sera, il senatore di Scandicci ed ex premier Matteo Renzi, fra le pieghe ha avvertito il suo segretario Zingaretti. Così dice: “Faccio un appello a tutti. Dalla Lega ai 5 Stelle, da Forza Italia alla sinistra radicale, dalle Autonomie ai sovranisti fino ai gruppi parlamentari del Pd, sulla cui tenuta non dubito”. Asterisco su quest’ultimo inciso direttamente rivolto alla segreteria del Partito di via del Nazzareno: i gruppi parlamentari del Pd, ha ribadito Renzi, sono in mano mia. Almeno per i tre quarti della rappresentanza.
Oggi sul Gazzettino la fedelissima Maria Elena, Boschi ca va sans dire, va giù anche più dura se i messaggi si sanno leggere. Dice, sottolineando che il futuro del Paese, stia ai renziani più a cuore dello stesso Pd: “Mi auguro che altri, al contrario, non pensino soprattutto a fare le liste con i loro amici anche a costo di far governare Salvini per i prossimi 5 anni”. E anche MEB avverte Zingaretti: avevi pensato di farci fuori con la composizione delle nuove liste? Prendi e porta a casa.
Insomma la tavola apparecchiata del voto subito non è ancora apparecchiata e Salvini dovrà faticare.
Certo alla lunga a chi converrà? A Salvini potrebbe. Perché se per votare la riforma con il taglio dei parlamentari che Di Maio usa per riconquistare i suoi elettori delusi e il relativo referendum confermativo, la riscruttura dei collegi elettorali, il voto della manovra finanziaria per anestetizzare l’aumento dell’Iva, a conti fatti, il leader della Lega avrà almeno altri otto mesi di campagna elettorale piena – fuori dal Viminale – per conquistare quel 2% circa di voti che lo separano dalla totale autonomia e governare da solo in barba a Giorgia e Silvio.
Renzi, Maria Elena, Guerini che oggi si riaffaccia sui giornali dopo un digiuno di un annetto e passa, invece, rischiano. Rischia grosso. Oppure scommettono. Sì, meglio stanno scommettendo tutto sul progetto di spappolare il Pd. Perché alla lunga il giochetto di fermare l’avanzata dei barbari a braccetto con Grillo, potrebbe non servire a recuperare consensi a sinistra. Forse, come stanno calcolando dalle parti di Arezzo e Scandicci, servirà a dare anima a quel soggetto di centro che Renzi evocava prima della caduta estiva del governo giallo-verde: la creazione di quella che oggi trapela doveri chiamare “Azione civile”.
Tuttavia in politica nulla è mai come sembra. Val la pena dare l’ultimo numero: 16 che è l’ora in cui si riuniranno i capigruppo a Palazzo Madama.
Armatevi di gelato che i pop corn d’estate non sono adatti.
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