Matteo Vanzan, primo caporal maggiore dell’Esercito Italiano, morì il 17 maggio del 2004 a Nassiriya, in Iraq, durante un combattimento, impegnato nell’operazione Antica Babilonia. Fu vittima di una granata di mortaio che gli recise, in maniera fatale, un’arteria femorale. Aveva 22 anni.

17 anni dopo, però, il sito 7Colli ha scritto: “Dopo la morte del militare italiano, lo Stato infligge la beffa più atroce ai familiari. Gli ha infatti negato l’erogazione del Trattamento di fine servizio – l’equivalente del TFR per i dipendenti pubblici statali, n.d.r. – perché Vanzan, che all’epoca aveva appena 22 anni, era ‘volontario in ferma breve’. Quindi non ne aveva diritto”. E ancora: “Croce d’onore da Ciampi ma per lo Stato non merita il TFR”.

Infatti, come riportato da Il Gazzettino, dopo la tragedia, il caporal maggiore fu promosso postumo ed ebbe altri ecomi e il 7 aprile 2006 l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi conferì alla memoria di Vanzan la Croce d’onore riservata alle vittime degli atti di terrorismo o degli atti ostili impegnate in operazioni militari e civili all’estero. Tuttavia, al soldato non spetta il TFS perché all’epoca del decesso era un volontario in ferma breve e, pertanto, non può essere considerato titolare di un rapporto di impiego.

I genitori del soldato, mamma Luca e papà Enzo, si sono rivolti al TAR per chiedere che l’INPS paghi l’emolumento “in base alla legge emanata nel medesimo anno in cui scomparve il giovane. I giudici hanno però rilevato che ‘il ricorso potrebbe risultare inammissibile per difetto di giurisdizione’, in quanto la competenza sarebbe del Tribunale ordinario. Uno schifo di Stato in piena regola”.

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