La squadra mobile di Padova ha eseguito vari arresti nell’ambito di un’inchiesta in cui sono indagate 77 persone e che ha portato alla luce false pratiche per i migranti, con il solo scopi di ottenere un permesso di soggiorno e prestazioni assistenziali da parte dell’Inps.
Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere dedita alla commissione di falso ideologico e documentale, correlati a delitti contro la fede pubblica, l’amministrazione della giustizia ed in materia di immigrazione. Secondo le indagini gli arrestati, dietro lauti compensi, formavano false pratiche idonee a simulare un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in realtà inesistente.
A loro volta, i migranti utilizzavano la falsa posizione lavorativa per ottenere permessi di soggiorno e indebite prestazioni Inps. Le indagini, svolte tra Veneto, Lombardia, Sicilia e Piemonte, hanno consentito di accertare un danno economico a carico dell’Inps di circa 80mila euro.
L’indagine é nata nel 2017 nell’ ambito di un’altra operazione della squadra mobile che si era insospettita dal fatto che alcuni stranieri, per lo più albanesi, indagati e arrestati per furto in abitazione, avevano ottenuto il rilascio del permesso di soggiorno. Documento rilasciato in quanto assunti da diverse società facenti capo ad uno stesso imprenditore padovano, Umberto Antonio Tiranti, 77 anni.
Assunzioni che, pur apparendo formalmente regolari, risultavano invece insussistenti e finalizzate al mero ottenimento del titolo di soggiorno. Approfondendo le indagini è stata accertata l’esistenza di un sodalizio criminale, composto oltre a Tiranti anche da Liliana Mandachi (61) e alla consulente del lavoro, Gianna Maria Pastorani (60). E’ emerso che Tiranti risultava essere amministratore unico presso la Camera del Commercio di varie province, di diverse srl (Adriatica, Apes, Fortum, Manage Consulting International, Templar, Win for Life), di fatto non operative perchè non svolgevano alcuna attività economica. Mandachi, invece, si occupava di trovare stranieri disponibili a formare false pratiche, mediando tra questi e gli altri due indagati.
Pastorani, invece, usava le sue credenziali presso gli enti pubblici per una serie indeterminata di falsi contratti di assunzione a tempo indeterminato, registrando tali atti presso i Centri per l’impiego territoriale, formando e stampando i cedolini degli stipendi teoricamente pagati ai dipendenti e comunicando all’Inps, per via telematica, i contributi figurativi calcolati sui redditi (fittizi).
Tutto era però falso e aveva il solo scopo di far avere agli stranieri permessi di soggiorno o prestazioni assistenziali dall’Inps (indennità di disoccupazione, di maternità, ecc.), l’ammissione a pene alternative alla detenzione.
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