La Libia? Non è più un porto sicuro o forse, da quando la guerra civile è cominciata – ovvero dallo spodestamento e assassinio di Muʿammar Gheddafi (ottobre 2011) – non lo è mai stato. I numeri diffusi in un comunicato firmato dal portavoce dell’Ufficio dell’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani sono chiari.

Ruper Colville ha, infatti, dichiarato in una nota stampa: «Tra gennaio e novembre, oltre 8.600 migranti sono stati intercettati in mare dalla Guardia costiera libica e riportati in Libia, che ovviamente non può essere considerato in nessun modo come un porto sicuro per lo sbarco».

Per quanto riguarda la guerra civile, l’Onu ha riferito che «nel 2019, il nostro ufficio insieme alla missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) ha finora documentato almeno 284 morti civili e 363 feriti a seguito del conflitto armato in Libia, con un aumento di oltre un quarto del numero di vittime registrato nello stesso periodo dell’anno scorso», aggiungendo che «gli attacchi aerei sono stati la principale causa di vittime civili, con un bilancio di 182 morti e 212 feriti, seguiti da combattimenti sul terreno, ordigni esplosivi improvvisati, rapimenti e uccisioni. Nello stesso periodo, l’Organizzazione mondiale della sanità ha documentato 61 attacchi relativi al conflitto contro strutture e personale sanitario, con un aumento del 69% rispetto allo stesso periodo del 2018».

L’Onu ha poi palesato la propria preoccupazione «sull’impatto che il conflitto sta avendo su aree densamente popolate come Abu Salim e Al Hadba, dove altri 100.000 civili rischiano di essere sfollati, oltre ai 343.000 che hanno già lasciato le loro case».

 

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