La tensione crescente tra Russia e NATO potrebbe segnare un punto di svolta nella strategia dell’Alleanza. L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del Comitato Militare della NATO, ha aperto a un’idea fino a poco tempo fa impensabile: attaccare preventivamente in risposta a cyber‑attacchi, sabotaggi, intrusioni aeree e violazioni dello spazio aereo attribuite a Mosca.
«Stiamo studiando tutto… Sul fronte informatico siamo stati in qualche modo reattivi. Essere più aggressivi o proattivi invece che reattivi è qualcosa a cui stiamo pensando», ha dichiarato Cavo Dragone al Financial Times.
La mossa, se confermata, segnerebbe una rottura netta con la tradizionale postura difensiva della NATO, che finora ha privilegiato reazioni a fatti compiuti. Ma secondo l’ammiraglio, l’intensificarsi delle azioni ibride da parte della Russia — sabotaggi di cavi sottomarini, attacchi informatici, violazioni continue di spazi aerei — rende insufficiente un approccio esclusivamente reattivo.
Perché la NATO sceglie la deterrenza attiva
Negli ultimi mesi, secondo numerosi rapporti, l’Europa ha subito un’escalation di attacchi attribuiti a Mosca: interruzioni di infrastrutture strategiche, incursioni aeree, droni sospetti, attacchi informatici a istituzioni e reti critiche.
Un approccio puramente difensivo non basta più: come ha spiegato un diplomatico baltico, «essere solo reattivi significa invitare la Russia a continuare a provare, a farci del male».
Per questo la NATO sta considerando un cambio radicale: usare le proprie capacità offensive — soprattutto nel cyberspazio — per impedire nuovi attacchi.
Le difficoltà: leggi, giurisdizione e unità degli alleati
Il piano non è semplice e solleva molte questioni. Innanzitutto, agire “prima” implica trovare una base legale e giurisdizionale: chi decide, come e quando intervenire? Cavo Dragone stesso ha ammesso che si tratta di un «ulteriore passo rispetto alle consuete prassi della NATO».
Non tutti gli alleati sono favorevoli a una rottura così netta. Alcuni chiedono prudenza: meglio continuare con una strategia difensiva consolidata piuttosto che rischiare un’escalation incontrollata.
Inoltre, anche quando la NATO è intervenuta — ad esempio con la missione Baltic Sentry nel Mar Baltico per proteggere infrastrutture critiche — i risultati hanno dimostrato che la deterrenza funziona, ma non elimina il rischio.
La reazione di Mosca e la preoccupazione per un’escalation
Non si è fatta attendere la risposta di Mosca. Il portavoce del Ministero degli Esteri russo ha definito «estremamente irresponsabili» le parole dell’ammiraglio. Inoltre, ha avvertito che considerare attacchi “preventivi” come difensivi significa minare ogni tentativo di mediazione sulla crisi ucraina.
Dal canto loro, alcuni alleati orientali spingono per un cambio deciso: secondo loro, l’inerzia attuale equivale a un invito continuo all’aggressione.
Quali scenari per il futuro?
- Deterrenza rafforzata — grazie a operazioni come Baltic Sentry o Eastern Sentry sulla frontiera orientale, la NATO rafforza la protezione attiva di infrastrutture, cieli e spazi digitali degli alleati.
- Contromisure preventive — cyber‑ritorsioni, neutralizzazione di droni o strumenti di sabotaggio, operazioni “proattive” successive a ripetuti attacchi.
- Rischio escalation — una risposta preventiva potrebbe aggravare il conflitto, favorendo una spirale di attacchi e rappresaglie.
Le domande aperte
- Chi autorizza un attacco preventivo? Ogni Stato membro o l’Alleanza nel suo insieme?
- Qual è il confine tra autodifesa e aggressione?
- I paesi membri saranno tutti d’accordo su azioni così decise?
- Esiste un quadro giuridico internazionale che regoli le azioni preventive nel dominio cibernetico o nei conflitti ibridi?
Curiosità
Secondo fonti interne, la NATO ha già incrementato la sorveglianza sulle rotte navali e sui fondali marini nell’area del Mar Baltico, per proteggere i cavi sottomarini, considerati obiettivi strategici vulnerabili in conflitti ibridi.
FAQ – Le domande più comuni
Cosa significa “attacco preventivo” per la NATO?
Un intervento contro la Russia prima che avvenga un nuovo attacco, nel tentativo di bloccarlo alla radice.
È legale farlo?
È complesso. Serve un quadro giuridico e la condivisione degli alleati.
Perché ora?
Perché la serie di cyber‑attacchi, sabotaggi e violazioni dello spazio aereo ha raggiunto livelli tali che la mera reazione non basta più.
Tutti gli alleati la pensano allo stesso modo?
No. Ci sono posizioni divergenti: alcuni chiedono fermezza, altri invocano prudenza.
Si rischia una guerra aperta?
Non necessariamente — ma la mossa aumenta il rischio di escalation e di risposta di Mosca.






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