Le urne sono aperte solo domani, domenica 17 aprile, dalle 7 di mattina alle 23. Hanno diritto di voto quasi 51 milioni di italiani, il che significa che il referendum (qualunque sia il suo esito) avrà valore effettivo soltanto se andranno a votare 25.393.170 elettori.

È una cifra molto alta, difficile da raggiungere. Nei referendum del 2000, 2003, 2005 e 2009 votarono dagli 11 ai 13 milioni di italiani. Il quorum arrivò nel 2011 (27,6 milioni di voti), ma si votava anche di lunedì.

Sono stati dieci consigli regionali, diventati nove dopo il ritiro dell’Abruzzo, ad aver depositato le firme necessarie per indire il voto popolare. Un referendum richiesto da governatori in buona parte iscritti al Partito Democratico, che di fatto si oppongono alla politica energetica del loro segretario e premier, Matteo Renzi.

Il quesito. Gli elettori dovranno votare su una questione piuttosto tecnica. Dovranno decidere se i permessi per estrarre idrocarburi in mare, entro 12 miglia dalla costa, cioè più o meno a 20 chilometri da terra, debbano durare fino all’esaurimento del giacimento, come avviene attualmente, oppure fino al termine della concessione. In pratica, se il referendum dovesse passare – raggiungere il quorum con la vittoria del sì – le piattaforme piazzate attualmente in mare a meno di 12 miglia dalla costa verranno smantellate una volta scaduta la concessione, senza poter sfruttare completamente il gas o il petrolio nascosti sotto i fondali. Non cambierà invece nulla per le perforazioni su terra e in mare oltre le 12 miglia, che proseguiranno, né ci saranno variazioni per le nuove perforazioni entro le 12 miglia, già proibite dalla legge.