«Non dobbiamo più avere paura, noi donne vogliamo essere libere nello spazio e nel tempo, essere silenzio e rumore e musica».

Così sul palco dell’Ariston la giornalista palestinese, con la cittadinanza italiana e israealiana, Rula Jebreal nel suo monologo contro la violenza sulle donne al Festival di Sanremo, durante il quale ha anche ricordato che la madre ha subito una violenza sessuale, citando alcune tra le canzoni italiane più famose (di Franco Battiato, Vasco Rossi e Francesco De Gregori).

Rula Jebreal, guardando un libro prima bianco e poi nero, ha detto: «Ogni tre giorni è stata uccisa una donna, sei donne sono state uccise la scorsa settimana, e nell’ottanta percento dei casi il carnefice non ha bisogno di bussare alla porta, ha le chiavi di casa».

Poi il ricordo della madre che si è tolta la vita, dandosi fuoco: «Brutalizzata e stuprata due volte, a tredici anni da un uomo, poi dal sistema».

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«Le canzoni che ho citato stasera sono scritte da uomini – ha aggiunto la 46enne – vedete, è possibile parlare di amore, cura, rispetto e lealtà. È il momento che quelle parole non siano solo parole, che non siano cantate, ma siano gridate anche quando qualcuno ci dirà che non è opportuno. Sono diventata la donna che sono grazie a mia madre e a mia figlia», indicandola in platea, anche lei visibilmente commossa. Poi, rivolgendosi agli uomini Rula Jebreal ha detto: «Ora mi rivolgo agli uomini: lasciateci essere quello che vogliamo».

Infine, la citazione di C’è tempo di Ivano Fossati: «C’è un tempo bellissimo, tutto sudato, una stagione ribelle. L’istante in cui scocca l’unica freccia che arriva alla volta celeste e trafigge le stelle. È un giorno che tutta la gente si tende la mano». E ancora: «Domani chiedetevi come erano vestite le conduttrici di Sanremo, come era vestita la Jebreal, che non si piega più. Ma nessuno chieda mai più a una donna stuprata come era vestita. Nessuno può permettersi di toglierci il diritto di addormentarci con una favola, vogliamo essere silenzi, rumore, vogliamo essere musica».

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