In Australia oggi, giovedì 14 dicembre, sei mesi prima della liberazione di Kathleen Folbigg, dopo avere trascorso più di 20 anni in prigione, le condanne per l’omicidio di tre dei suoi figli e per quello colposo del quarto sono state annullate in appello.
Infatti, nuove prove scientifiche non disponibili al momento del processo del 2003 e l’uso di annotazioni di diario come ammissioni di colpevolezza hanno reso le condanne nulla. Così ha stabilito la Corte Suprema del Nuovo Galles del Sud.
“Mentre i verdetti del processo erano ragionevoli sulla base delle prove allora disponibili, ora c’è un ragionevole dubbio sulla colpevolezza della signora Folbigg che giustifica l’annullamento di ciascuna delle condanne e l’emissione dei verdetti di assoluzione”, ha spiegato la divisione d’appello penale della corte.
L’annullamento delle condanne di Folbigg è avvenuto dopo che la 56enne era stata liberata nel giugno scorso dopo che una speciale commissione d’inchiesta aveva gettato seri dubbi sulle sue condanne per gli omicidi di Patrick, Sarah e Laura e per l’omicidio colposo di Caleb.
Ciò perché il rapporto dell’inchiesta ha riscontrato una “ragionevole possibilità” che i bambini siano morti per cause naturali a causa di una rara condizione genetica, nota come CALM2-G114R, e che le annotazioni in un diario non fossero confessioni ma quelle di una madre in lutto che incolpava se stessa.
Mentre usciva dal tribunale, Kathleen Folbigg ha dichiarato di aver accolto con favore il verdetto ma ha attaccato il sistema legale per aver ignorato e respinto le prove della sua innocenza per decenni.
“Il sistema ha preferito incolpare me piuttosto che accettare che a volte i bambini possono morire e muoiono improvvisamente, inaspettatamente e in modo straziante”, ha detto la donna.
Folbigg ha aggiunto di essere “grata che la scienza e la genetica aggiornate mi abbiano dato risposte su come sono morti i miei figli”, ma ha aggiunto che le “risposte legali per dimostrare la mia innocenza” erano disponibili anche quando è stata condannata.
E ancora: “I pubblici ministeri hanno preso le mie parole fuori contesto e le hanno rivolte contro di me. Spero che nessun altro dovrà mai soffrire quello che ho sofferto io”.
I bambini avevano un’età compresa tra 19 giorni e 18 mesi quando morirono improvvisamente e inspiegabilmente tra il 1989 e il 1999.
La prima sentenza era di 40 anni di reclusione perché i pubblici ministeri sostenevano che avesse soffocato i bambini, utilizzando prove circostanziali tratte dai suoi diari per dipingerla come una madre instabile, predisposta a scoppi di rabbia esplosivi.
La donna iuscì a ottenere una riduzione della pena a 30 anni in appello nel 2005 ma trascorse quasi altri due decenni lottando, senza successo, per riabilitare il suo nome.
Il suo team legale ha confermato che cercherà di ottenere un risarcimento da parte del governo statale per ingiusta condannae l’avvocato Rhanee Rego ha anticipato che la richiesta sarà “più grande di qualsiasi pagamento sostanziale effettuato in precedenza”.
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