Inchiesta in corso per spiegare la strage di Orlando, in Florida, dove un uomo è entrato in un locale gay e ha aperto il fuoco, uccidendo almeno 50 persone e ferendone altre 53. Non è ancora stato chiarito se la causa della strage sia stato un gesto omofobo di una persona evidentemente instabile o un atto terroristico, ma è diventata la peggior strage compiuta con armi da fuoco (e quindi esclusi gli attentati con bombe o l’11 settembre) nella storia degli Stati Uniti.
Subito dopo la notizia, media, social network e strade sono stati riempiti da messaggi di solidarietà per le vittime. Tra i tanti interventi ecco la lettera aperta dell’Associazione Antimafie di Rita Atria, che esprime così un pensiero sull’accaduto:
“L’imponente fronte della solidarietà, colorato da bandiere e animato da slogan virali, il fragore della rete che si riconosceva comunità con un semplice “Click” stride con l’assordante silenzio di quanti oggi sembrano non accorgersi di quanto sia accaduto. Forse perché banalmente siamo ancora schiacciati in stupide divisioni, occidentali e orientali ma anche europei e resto del mondo per cui se qualcosa accade lontano dai nostri “confini” mi preoccupa meno e me ne occupo di meno, o forse perché in un “locale gay” molti non pensano minimamente di entrarci e quindi infondo infondo questa strage non li riguarda, o forse più semplicemente perché quella maschera luccicante di solidarietà che frettolosamente colorava migliaia di profili virtuali era solo la cifra di un vuoto conformismo, di un’empatia a comando.”
Tra la solidarietà si alza un velo di rabbia, di impotenza, e ci si appella al buon senso dell’uomo. Ci si chiede se l’uomo non stia diventando indifferente a ciò che brutalmente accade intorno ai suoi simili. Ed inoltre continua:
“Ma non è un problema solo della società, cosiddetta, civile, anche la comunicazione mainstream ha derubricato la questione alla cronaca dagli esteri ponendo però l’accento alle origini dell’attentatore e alla sua adesione allo Stato Islamico (che ha rivendicato la strage). Appare evidente però, che il movente di questi brutali omicidi non sia di natura religiosa ma vada invece ricercato nel clima di odio di genere ed omofobia costantemente alimentati, anche negli Stati Uniti dove ad esempio proprio all’indomani della strage, ad Orlando, centinaia di persone erano in fila per donare il proprio sangue, fondamentale aiuto nelle prime ore dei soccorsi, un gesto concreto di solidarietà da cui gli stessi omosessuali sono stati esclusi perché, come stabilito dalla Authority “Food and Drug Administration”, il sangue di un donatore omosessuale non può essere accettato se questi ha avuto rapporti con partner dello stesso sesso, salvo aver osservato un periodo di astinenza di oltre un anno. Una discriminazione priva di alcuna evidenza scientifica ma fondata solo sul pregiudizio.
Ci aspettavamo le dichiarazioni dei rappresentanti politici ed istituzionali, delle quali erano facilmente prevedibili i toni e i contenuti: quelli che oltreoceano come tra i nostri confini, immaginari, hanno sfruttato l’occasione per puntare nuovamente il dito verso una comunità religiosa e colpire lo schieramento politico avverso, e quelli che, limitati dai propri confini mentali, oggi esprimono solidarietà alle vittime ma lo fanno mentre continuano a rivendicare il diritto/dovere di affermare il proprio modello di vita, di amore e di famiglia, come l’unico ammissibile e a cui tutti devono adeguarsi, esprimono solidarietà alle vittime ma rivendicano la difesa dei loro valori e dei loro diritti chiedendo di fatto una limitazione delle libertà e diritti altrui. Francamente avremmo preferito che questi ultimi oggi avessero avuto la decenza di tacere.”
La lettera vuole essere in grado di sensibilizzare ulteriormente la comunità, intesa come popolazione unita, senza divisioni di alcun genere. Si spera in una popolazione che combatta insieme contro ciò che la sta distruggendo. Così si conclude la lettera:
“Ci stringiamo idealmente ai famigliari delle vittime e auspichiamo che il sonno della ragione non generi altri mostri, ma soprattutto che questa società riesca a percepire queste vittime come le proprie vittime, e contribuisca al riconoscimento dei diritti di tutti i cittadini e cittadine, eliminando ogni forma di discriminazione.”
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