Continua, a trentasette anni dal disastro, l’odissea giudiziaria dei risarcimenti per la strage di Ustica, – quella sui 265 milioni di euro in favore del
vettore Itavia – avvenuta il 27 giugno del 1980 e pagata con la morte di tutte le 81 persone che si trovavano a bordo del volo I-Tigi partito da Bologna e diretto a Palermo, “possibilmente” colpito da un missile nei cieli italiani non adeguatamente protetti dai radar e dalla vigilanza del ministero della Difesa e da quello delle Infrastrutture.
La Cassazione, ha chiesto infatti alle Sezioni Unite di decidere se Itavia, in liquidazione da anni, abbia o meno il diritto di ricevere dai due ministeri – responsabili del disastro aereo – un ulteriore risarcimento per la perdita del Dc9 avendo già incassato a suo tempo, dall’assicurazione Assitalia, tre miliardi e ottocento milioni di vecchie lire.
Ad avviso dei supremi giudici della Terza sezione penale, sciogliere questo controverso nodo di diritto della “compensatio lucri cum damno”, sul quale ci sono orientamenti contrastanti, è preliminare rispetto alla discussione sull’intero megarisarcimento da 265 milioni, cifra che in base a quanto deciso dalla Corte di Appello di Roma nel 2013, Difesa e Infrastrutture devono pagare all’Itavia con interessi che continuano a decorrere e che sono il ‘grosso’ della somma.
La data di udienza delle Sezioni Unite deve essere ancora fissata. Nell’ordinanza interlocutoria 15534, depositata oggi, i supremi giudici ricordano che la somma di 265 milioni, alla data del 2013, è composta da circa 27 milioni e mezzo di euro per risarcimento del danno, da circa 105 milioni di euro per rivalutazione e da circa 132 milioni di euro per interessi, oltre agli interessi legali sulla sentenza al saldo.
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