A 19 anni dal tragico rapimento di Tommaso Onofri, Salvatore Raimondi torna libero. La madre del piccolo: «Noi siamo condannati per sempre». Un caso che ha segnato l’Italia.

Il 2 marzo 2006, la routine della famiglia Onofri, residente a Casalbaroncolo, frazione di Parma, viene spezzata da un evento drammatico. Alle 19:45, un blackout improvviso interrompe la cena. Paolo Onofri esce per controllare il contatore elettrico, ma viene aggredito da due uomini con il volto coperto da caschi e passamontagna. Armati di coltello e pistola, i malviventi entrano in casa, immobilizzano i coniugi Onofri e il loro figlio maggiore Sebastiano con del nastro adesivo e portano via il piccolo Tommaso, di appena 17 mesi. Quello che sembrava un tentativo di rapina si rivela presto un rapimento con un epilogo tragico, che terrà l’Italia con il fiato sospeso per un mese. Oggi, a quasi vent’anni da quel giorno, Salvatore Raimondi, uno dei responsabili del sequestro, è tornato libero.

La dinamica del rapimento

La sera del 2 marzo 2006, Mario Alessi e Salvatore Raimondi, con la complicità di Antonella Conserva, mettono in atto un piano per rapire Tommaso, convinti che la famiglia Onofri, composta da due impiegati delle Poste, disponesse di ingenti risorse economiche. Alessi, un muratore che aveva lavorato alla ristrutturazione della casa degli Onofri, conosceva bene l’abitazione e aveva ideato il sequestro per ottenere un riscatto di 5 milioni di euro. Tuttavia, il piano prende una piega drammatica: pochi minuti dopo il rapimento, il piccolo Tommy viene ucciso, probabilmente strangolato e colpito con una vanga, per il timore dei rapitori di essere scoperti dalle forze dell’ordine. Il corpo del bambino viene nascosto sotto pochi centimetri di terra sulle rive del torrente Enza, a San Prospero Parmense.

Le indagini e la confessione

Per un mese, le indagini procedono a ritmo serrato, senza richieste di riscatto concrete. La vicenda cattura l’attenzione nazionale: appelli per la liberazione di Tommy vengono lanciati dal palco del Festival di Sanremo da Giorgio Panariello, da papa Benedetto XVI e da Franca Ciampi, moglie dell’allora presidente della Repubblica. La procura di Bologna attiva 250 provvedimenti di intercettazione, ma le piste iniziali, incluse segnalazioni false e ipotesi di coinvolgimento della famiglia, non portano a risultati. La svolta arriva grazie a un’impronta digitale lasciata da Salvatore Raimondi sul nastro adesivo usato per legare la famiglia Onofri, che lo collega direttamente al crimine. Una conversazione intercettata tra Alessi e la moglie del capocantiere spinge gli inquirenti a concentrarsi sui due muratori. Il 1° aprile 2006, Raimondi cede durante un interrogatorio e confessa, indicando Alessi come l’autore materiale dell’omicidio. La sera del 2 aprile, Alessi conduce gli investigatori al luogo dove il corpo di Tommy è stato nascosto. L’autopsia conferma che il bambino è morto la stessa notte del rapimento, strangolato e colpito ripetutamente alla testa.

Il processo e le condanne

Il processo, iniziato nel marzo 2007, chiarisce i ruoli dei tre responsabili. Mario Alessi viene condannato all’ergastolo per il rapimento e l’omicidio di Tommaso. Antonella Conserva, compagna di Alessi, riceve una condanna a 24 anni per il suo ruolo nel sequestro, come “carceriera” designata del bambino, anche se non ha mai avuto modo di svolgere questa funzione a causa della rapida uccisione di Tommy. Salvatore Raimondi, che ha ammesso di aver prelevato il bambino dal seggiolone, viene condannato a 20 anni per il rapimento, ma non per l’omicidio, poiché i giudici ritengono credibile la sua versione secondo cui Alessi avrebbe agito da solo nell’uccidere il piccolo in via del Traglione, dopo che Raimondi si era allontanato. Le condanne, confermate nei successivi gradi di giudizio, segnano la fine di un iter giudiziario complesso, ma non placano il dolore della famiglia Onofri.

La libertà di Salvatore Raimondi

Dopo aver scontato i 20 anni di carcere per il rapimento, Salvatore Raimondi è tornato libero nelle scorse settimane, come riportato dalla Gazzetta di Parma. La pena, ridotta a 16 anni grazie alla “liberazione anticipata” per buona condotta, era già stata completata nel 2022, ma Raimondi è rimasto in carcere per un’ulteriore condanna a tre anni e mezzo per estorsione ai danni di un altro detenuto, ricevuta nel 2018. Dalla primavera del 2024, Raimondi era in regime di semilibertà, lavorando come magazziniere in una ditta di Forlì e rientrando in carcere la sera. Durante la detenzione, ha intrapreso un percorso di rieducazione e nel 2016 si è sposato in carcere con un’altra detenuta, che sta ancora scontando la propria pena.

Il dolore della madre di Tommy

La notizia della liberazione di Raimondi ha riacceso il dolore di Paola Pellinghelli, madre di Tommaso, che ha commentato con amarezza: «Prima o poi me l’aspettavo, visto che era già in semilibertà. Che si goda la sua vita, noi invece siamo condannati per sempre». La donna, intervistata dalla Gazzetta di Parma, ha espresso la sua frustrazione: «A nessuno dei tre auguro del male: se sono credenti, faranno i conti con Dio. Ma non voglio sentire parlare di perdono». Per Paola, il peso della perdita del figlio è un «ergastolo» che non avrà mai fine. La tragedia ha segnato profondamente la famiglia: Paolo Onofri, padre di Tommy, devastato dal dolore, è morto nel 2014 dopo sei anni in coma a seguito di un infarto nel 2008.