• Nel 2018 una maestra d’asilo perse il proprio posto di lavoro dopo essere stata vittima di revenge porn.
  • Sono state condannate la direttrice dell’istituto e una delle mamme.
  • La vittima: «Con questa sentenza è emersa la verità».

Nel 2018 una maestra d’asilo del Torinese perse il posto di lavoro dopo la diffusione non voluta di foto intime. Il Tribunale ha pronunciato due condanne.

L’una, di un anno e un mese di reclusione con la condizionale, alla direttrice dell’Istituto. L’altra, di un anno, per una delle mamme. La giovane insegnante si è costituita parte civile e ha ottenuto il diritto a un risarcimento e delle somme di denaro a titolo di provvisionale. Il tribunale ha anche inflitto 8 mesi a una collega dell’insegnante ed è stato assolto il marito di una delle mamme.

La maestra d’asilo, dopo la sentenza del Tribunale di Torino, ha affermato: «Quel che è fatto è fatto e il danno non si cancella. Ma almeno con questa sentenza è emersa la verità. Posso dire che è andata bene». La vittima di revenge porn ha aggiunto: «Non ho ancora trovato lavoro ma il mio obiettivo è tornare a insegnare in un asilo, non provo rancore, non sono io che devo perdonarli, la mattina mi alzo e ho la coscienza pulita. Questa storia è stata raccontata fin troppo bene, senza molti dettagli, le scuse posso anche accettarle ma non me ne faccio niente».

La direttrice dell’asilo, invece, ha commentato così: «Siamo tutti lupi cattivi di una storia raccontata male».

LA VICENDA

Marzo 2018. L’insegnante, di circa 20enne, raccontò che il ragazzo che frequentava all’epoca aveva inviato senza il suo consenso immagini intime in una chat di amici e che in seguito, quando la notizia si sparse, era stata costretta a firmare una lettera di dimissioni.

L’accusa ha sostenuto che nei suoi confronti ci fu una vera e propria «gogna scolastica». L’uomo, assolto nel processo con rito abbreviato, girò le foto alla moglie mentre, secondo l’accusa, il collega condannato le inoltrò alla direttrice dell’istituto.

La maestra, quindi, fu spinta a rassegnare le dimissioni durante una riunione burrascosa in cui fu «additata» e «umiliata» per avere fatto «certe cose». Nel procedimento parallelo, celebrato con il rito ordinario, per la preside erano stati chiesti 14 mesi e 12 per la madre di una bimba dell’asilo. L’amico a cui la giovane insegnante mandò le immagini, pregando di non diffonderle, dopo l’apertura dell’indagine ha chiesto la messa alla prova.