Mosca ha reso noto che “nelle ultime 24 ore si sono arresi altri 771 combattenti del battaglione nazionalista Azov bloccati presso l’acciaieria Azovstal di Mariupol. Dal 16 maggio in totale si sono arresi 1.730 combattenti, di cui 80 feriti. Tutti coloro che avevano bisogno di assistenza medica sono stati trasferiti negli ospedali di Novoazovsk e Donetsk, situati nella Repubblica popolare di Donetsk”.

Sempre nella giornata di oggi si è appreso che la Russia ha inserito nella lista dei ricercati del ministero degli Interni i comandanti del battaglione Azov Sergey Velichko (28 anni) e Konstantin Nemichev (26).

Poi, alcuni canali su Telegram filorussi, riportando le parole del reporter Dmitry Steshin, hanno comunicato che anche il vice comandante e portavoce del Reggimento Azov, Svjatoslav Palamar (Kalina), avrebbe lasciato l’Azovstal ieri sera. Ne ha dato notizia anche il sito del Kyiv Post. Tuttavia, il diretto interessato ha smentito qualche ora dopo, dicendo di trovarsi ancora nell’acciaieria.

Inoltre, come riportato dal russo 161.ru, un gruppo di 89 soldati ucraini del battaglione Azov, sono stati trasferiti in Russia, in un centro di detenzione di Taganrog, dove saranno incriminati per reati di estremismo da un tribunale militare.

Dal fronte ucraino, il brigadiere generale Oleksii Gromov, capo del dipartimento operativo dello Stato maggiore di Kiev, ha affermato che “le misure per evacuare i soldati ucraini da Mariupol continuano”. “Sappiamo che il nostro nemico è insidioso, ma crediamo che la parola data verrà mantenuta”. Il riferimento è un accordo tra i due eserciti affinché i combattenti del battaglione Azov siano scambiati con prigionieri russi. Tuttavia, non è detto che ciò avvenga perché da Mosca ci sono pressioni anche dalla Duma – il parlamento russo – sulla necessità di incriminarli e trattarli come “terroristi”. C’è chi ha persino parlato anche di pena di morte.

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