Lorenzo è il nome del compagno di corso per cuochi di Willy Monteiro Duarte, il 21enne ucciso durante una rissa a Colleferro, alle porte di Roma nella notte tra sabato 5 e domenica 6 settembre.

Il giovane ha raccontato che l’amico «è morto per difendere me e io questa cosa non potrò mai dimenticarla. Sembravano dei folli, furie scatenate. Willy era buono, generoso e quando ha capito che il bersaglio ero io, si è messo in mezzo per placare gli animi ma quelli erano come impazziti».

A provocare la morte del ragazzo sarebbe stato un calcio sferrato alla testa e, secondo Alessandro Bianchi, fratello maggiore di Gabriele e Marco Bianchi, non sarebbero stati loro a darlo: «Darei la mia vita per far tornare a sorridere quel ragazzo. Siamo distrutti. I miei fratelli non hanno giustificazioni ma di una cosa sono certo: a sferrare il colpo letale non possono essere stati loro».

Intanto, proseguono le indagini degli investigatori per ricostruire la dinamica del dramma e sono al vaglio le immagini delle telecamere di sorveglianza della zona attorno al luogo è stato ucciso il 21enne. Tuttavia, secondo quanto si è appreso, la scena del pestaggio di Villy, avvenuta in una zona ‘particolarmente buia’, non sarebbe stata immo rtalata da alcuna telecamera. La circostanza al momento più accreditata è che Willy si è inserito nella rissa per fare da paciere.

IL MESSAGGIO DI GIUSEPPE CONTE

Il premier Giuseppe Conte su Facebook ha scritto un lungo post su quanto successo a Colleferro:

«La tragedia che ieri si è abbattuta sui familiari di Willy Monteiro Duarte mi ha colpito profondamente. Mi ha lasciato scioccato. Un ragazzo che aveva da poco varcato la soglia dei 20 anni, studiava e lavorava, viveva appieno le proprie passioni, le proprie emozioni. Coltivava i propri sogni ed era probabilmente esposto alle tante incertezze che impensieriscono i giovani intenti a costruire il proprio futuro di vita personale e professionale.

All’improvviso gli si è abbattuta addosso una violenza sorda e immotivata. Ci stringiamo tutti vicini alla sua famiglia, alla sua comunità di Paliano, a tutti coloro che l’hanno amato e apprezzato. Ho trasmesso questo sentimento ai suoi genitori, a sua sorella, pur nella consapevolezza che è difficile comprendere fino in fondo l’angoscia procurata da una sofferenza così acuta e dolorosa.

La magistratura sta svolgendo le indagini e la giustizia farà sicuramente il suo corso. Confidiamo che si arrivi presto a condanne certe e severe.

Ma noi nel frattempo come reagiremo? Quali misure adotteremo? Diremo ai nostri figli di volgere la testa dall’altra parte? Di non intervenire a sedare diverbi o a cercare di proteggere amici più deboli o in evidente difficoltà?

Non credo possa essere questa la risposta, la strada da seguire. Dobbiamo piuttosto moltiplicare gli sforzi, in ogni sede e in ogni contesto, affinché i nostri figli crescano nel culto del rispetto della persona e rifuggano il mito della violenza e della sopraffazione».

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