La crisi degli ultimi anni del settore cemento e la riorganizzazione che ha visto passare importanti cementerie in mano straniere, mettono a rischio in Sicilia due stabilimenti, la Colacem di Pozzallo e l’ex Italcementi oggi acquisita dalla tedesca Heidelberg.
A lanciare l’allarme sono le federazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil regionali che hanno organizzato per giovedì 7 dicembre, a partire dalle 10 un sit- davanti palazzo d’Orleans per chiedere al governo regionale “di giocare un ruolo incisivo in una partita che mette a rischio tra diretto e indotto mille posti di lavoro e potrebbe far perdere quel poco di buona industria che rimane nell’isola”.
La crisi è di livello nazionale , tant’è che la mobilitazione di giovedì è su scala nazionale. I sindacati siciliani temono però che a pagarne il prezzo saranno soprattutto gli stabilimenti come quelli siciliani, situati in regioni dove si scontano difficoltà in ordine a infrastrutture e trasporti. In una lettera inviata al presidente della Regione, i segretari di Fillea, Filca e Feneal siciliane rilevano che “ dal 2008 ad oggi la produzione di cemento nell’isola si è ridotta da 3,9 a 1,3 tonnellate ed è contemporaneamente cresciuta l’importazione dall’Africa di un prodotto sulla cui qualità nessuno è disposto a scommettere”.
“Alle istituzioni – scrivono Franco Tarantino (Fillea), Santino Barbera (Filca) e Franco De Martino- chiediamo di impegnarsi per salvare il settore cemento dal saccheggio e per rilanciarlo non soltanto con un rinnovato impegno alla spesa per investimenti in infrastrutture ma anche con politiche di rilancio che facciano perno sull’industria 4.0”. I sindacati hanno chiesto al presidente della Regione, Nello Musumeci, di essere ricevuti per affrontare l’argomento. Al livello nazionale Fillea, Filca e Feneal hanno chiesto l’apertura di un tavolo interministeriale e alle aziende di aprire il confronto sui piani industriali “ affinchè siano coerenti con gli interessi generali e rispettosi dei principi di responsabilità sociale d’Impresa, difendendo l’occupazione sia con progetti di riconversione dei siti produttivi, sia con l’utilizzo di ammortizzatori sociali”.
“Resta un punto fondamentale – dicono Tarantino, Barbera e De Martino-: il rilancio delle costruzioni come leva di sviluppo, con investimenti su infrastrutture, contro il dissesto idrogeologico, per la rigenerazione urbana, il recupero e difesa del patrimonio artistico e culturale dei territorio”.
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