Le donne della Fisac Cgil scendono in campo chiamando a raccolta tutto il sindacato e le associazioni femminili per organizzare delle iniziative unitarie in difesa della legge 194, smascherare i “finti obiettori” con controlli severissimi e evitare il ritorno all’aborto clandestino.

“Per una donna che decide di interrompere una gravidanza è importante poterlo fare in una struttura pubblica della nostra Regione. I dati sugli obiettori siciliani, sia che si tratta di medici, paramedici o anestesisti, ci dicono che questo da noi sta diventando quasi impossibile. Come donne – dice Elia Randazzo, segretario generale Fisac Cgil Palermo, a nome del coordinamento donne della Fisac – richiediamo l’intervento delle strutture e degli organi preposti ai controlli per verificare quanto sia reale il numero di obiezioni di coscienza o se dietro questo numero elevato si nasconde dell’altro. Non vorremmo che chi fa nell’ospedale pubblico l’obiettore poi privatamente continui a fare aborti clandestini. Anche le strutture sanitarie hanno le loro responsabilità nei trasferimenti dei medici e possono benissimo evitare che nei reparto il diritto all’aborto non sia garantito”.

La presa di posizione arriva in seguito al ricorso presentato dalla Cgil sulla interruzione di gravidanza in Italia, accolto dal Consiglio d’Europa, che ha raccomandato al nostro Paese interventi urgenti per migliorare le risorse ospedaliere e consentire l’applicazione della legge. Secondo i dati diffusi, la Sicilia con più dell’80 per cento di medici obiettori, è la Regione con la media più alta.

“Partiremo con un volantinaggio nei prossimi giorni, durante la raccolta firme per la Carta universale – aggiunge Elia Randazzo – ll diritto alla vita non si difende rendendo l’interruzione della gravidanza negli ospedali quasi impraticabile ma piuttosto creando condizioni per le donne di supporto economico, psicologico e di servizi per l’infanzia accessibili. Come donne della Fisac di Palermo riteniamo inaccettabile tale situazione che di fatto apre le porte per un ritorno all’aborto clandestino, contro il quale, ricordiamo, sono state fatte aspre battaglie che hanno portato alla legge 194/78. Tale legge non è una legge a favore dell’aborto, che rappresenta e continua ad essere un dramma personale per ogni donna, ma una legge che consente alle donne che devono sottoporsi all’interruzione della gravidanza di farlo in sicurezza negli ospedali e non clandestinamente nelle mani di medici o mammane che si arricchiscono sul loro corpo e fanno rischiare loro la vita”.