“C’eravamo tanto amati…” — così potrebbe intitolarsi la fine di una storia politica di Totò Cuffaro e Saverio Romano, due uomini cresciuti sotto la stessa stella democristiana, “figli” politici di Calogero Mannino, legati da un destino comune per oltre trent’anni. Da fratelli gemelli della “vecchia scuola” DC, sempre insieme nelle battaglie e nelle rinascite, fino al recente e silenzioso strappo che oggi li vede su fronti separati. pur nella stessa coalizione. Lo strappo, nell’aria da tempo, si è consumato oggi nella sua ultima assenza fragorosa.

Gli osservatori politici da qualche tempo segnalano la freddezza fra i due ex gemelli della Democrazia Cristiana. Segretari nazionali dei giovani Dc, Cuffaro prima, Romano dopo a succedergli, si erano ritrovati, ufficialmente prima delle europee quando ad un congresso di Noi Moderati Saverio Romano disse senza mezzi termini “Questa è casa tua” ad un Cuffaro messo un po’ all’angolo dagli alleati che non volevano dargli spazio nelle liste proprio per le europee.

Un rapporto mai interrotto

I due, in realtà, non si erano mai lasciati. A fasi alterne e con gli alti e bassi della vita, un percorso c’era stato sempre: quello personale da un lato, quello politico dall’altro.

Per decenni, i due sono stati l’uno la spalla dell’altro: Cuffaro il leader carismatico della Sicilia profonda, Romano il costruttore di ponti con Roma, capace di tradurre in relazioni e rappresentanza politica ciò che in Sicilia si muoveva tra le fila del cattolicesimo popolare. Un equilibrio perfetto, cementato da rispetto e da una visione comune di moderatismo politico.

La nascita della Dc siciliana

Quando Totò Cuffaro decide di “riesumare” la Democrazia Cristiana in una versione “bonsai” – simbolica e identitaria – Saverio Romano non segue. Non per ostilità, ma per convinzione diversa: il tempo della nostalgia, per lui, è finito. Romano guarda avanti, vive ormai stabilmente la dimensione nazionale, immerso nei lavori parlamentari e negli impegni di partito, sempre più lontano dalle logiche locali.

Eppure, tra i due, sembrava restare un’intesa tacita. Cuffaro si occupa della Sicilia, Romano lo “copre” a Roma, dove il nome dell’ex presidente della Regione continua a sollevare qualche sopracciglio per le note vicende giudiziarie. Un patto non scritto ma reale, cementato anche nel progetto comune tra Democrazia Cristiana e Noi Moderati, che alle ultime elezioni europee ha portato in dote oltre 70 mila preferenze a Massimo Dell’Utri, segno tangibile di una forza politica radicata e organizzata.

L’accordo con la Lega

Poi, la svolta. Oggi l’amicizia resta ma la politica è un’altra cosa e la rottura sembra inevitabile. Quello che era solo un sospetto è diventato certezza nelle ultime settimane, quando lo stesso Cuffaro – in più interviste – ha ammesso: “Ho un accordo con la Lega.”. Una frase che, per Romano e i suoi, pesa come un macigno e segna la fine del rapporto politico con Noi Moderati. Lo lasciano trasparire senza infingimenti in casa Noi Moderati. Da quel momento, i contatti si interrompono. Nessuna telefonata, nessun incontro, nessuna dichiarazione di chiarimento.

I congressi e le assenze

I segnali sono inequivocabili: al congresso regionale di Noi Moderati, Cuffaro non si presenta. manda qualcuno, deve operarsi alla spalla. Ma adesso alla Festa dell’Amicizia di Ribera, evento storico della galassia cattolico-centrista, ci sono tutti, ma non Saverio Romano e nemmeno rappresentanti del suo partito.

È il segno che l’antico sodalizio si è consumato del tutto. Cuffaro avrebbe scelto di rinunciare alle “garanzie” che solo un interlocutore solido e istituzionale come Romano poteva offrirgli, preferendo le “più robuste” alleanze con la Lega di Salvini, che oggi in Sicilia punta a consolidare la propria presenza.

A domanda diretta Romano non risponde

Alla domanda diretta, “Perché non siete alla festa della Dc?”, Saverio Romano risponde con un laconico ma eloquente: “No comment.”. Un silenzio che dice tutto. Dentro quel “no comment” c’è una domanda più grande: “Perché non chiedete a loro?”

E forse è davvero lì, in quella risposta non data, che si consuma la fine di un’amicizia politica cominciata ai tempi della vecchia Balena Bianca, passata per mille battaglie comuni, e naufragata oggi tra nostalgie, ambizioni e nuove geometrie del centrodestra.

Il film di Cuffaro e Romano, per ora, si chiude qui. Titolo di coda: “C’eravamo tanto amati.”