Dopo l’occupazione di ieri della sede di via Marcellini i lavoratori palermitani di Almaviva continuano la protesta anche oggi. Stamattina si sono riuniti in sit-in anche davanti alla sede di via Filippo Cordova. E nel pomeriggio dalle 16 alle 20 sit-in davanti la Prefettura di Palermo per coinvolgere le istituzioni locali affinché contribuiscano alla soluzione della vertenza.
Infine venerdì sera davanti il Teatro Santa Cecilia in occasione della visita del premier Matteo Renzi per tornare a chiedere con forza, muniti di badge e lumini, una legge che regolamenti il settore dei call center.
Intanto stamane, alla commissione Lavoro del Senato, l’amministratore delegato di Almaviva Contact, Andrea Antonelli, ha così sintetizzato la situazione societaria: “Al mese di settembre 2016, la Società Almaviva Contact deve registrare ricavi ridotti del 50% negli ultimi quattro anni, pari a 100 milioni di euro – mantenendo una forza lavoro di circa nove mila risorse sostanzialmente invariata – a fronte di uno scenario di mercato in continuo deterioramento, in presenza di una crisi del settore che ha comportato la chiusura di almeno quindici aziende negli ultimi diciotto mesi”.
“E’ solo grazie alla solidità del Gruppo Almaviva – ha proseguito Antonelli – che finora è stato possibile garantire l’equilibrio della Società operativa nel CRM italiano, continuamente sostenuta dal resto del Gruppo (tutte le altre società, in Italia e all’estero, sono in utile) e dagli azionisti (aumento di capitale per oltre 47 milioni di euro).
Oggi, l’incremento costante delle perdite, la loro dimensione, nonché i doveri degli amministratori, non permettono più questa possibilità.
Rispetto a un settore allo stremo, a un contesto di mercato sempre più caratterizzato da crisi generali come conseguenza di leggi sulla delocalizzazione non rispettate e gare pubbliche e appalti privati assegnati con tariffe spesso sotto il costo del lavoro minimo dei contratti nazionali, è necessario agire immediatamente”.
“E’ il momento di decidere – ha concluso Antonelli – se seguitare ad attardarsi su politiche conservative senza speranza e logiche di stampo assistenziale – continuo ricorso agli ammortizzatori evocato dal sindacato come illusoria ricetta universale – o mettere in campo indirizzi di politica industriale, anche dolorosi se è necessario, che sappiano misurarsi con la presa d’atto di un mercato totalmente fuori equilibrio. Elementi di netta discontinuità che affrontino con carattere strutturale la profonda crisi del settore.
L’unica alternativa è prevedere modelli e percorsi nuovi in grado di costruire soluzioni stabili per il futuro, che chiamano la responsabilità di imprese, organizzazioni sindacali e istituzioni”.
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