Il Tribunale del Riesame dispone la revoca del sequestro ai danni di Amap, ma l’impianto accusatorio regge. L’Amap avrebbe omesso di fornire delle informazioni alla Banca Europea per gli Investimenti, influenzando così la decisione dell’istituto di credito di concedere alla società un prestito di circa 20 milioni di euro, poi effettivamente avvenuta. E’ quanto viene riportato nelle motivazioni dell’ordinanza emanata dal tribunale del Riesame di Palermo. I giudici hanno depositato le motivazioni e, nonostante sia stato revocato il sequestro della somma disposto dal gip su istanza della Procura europea, si può ritenere confermata la sussistenza delle condotte contestate ai dirigenti della società e la responsabilità della azienda.
Disposta la revoca del sequestro, ma l’accusa regge
La Banca, insomma, come prospettato dall’accusa, non fu informata dell’assenza dei requisiti richiesti per la concessione del prestito e delle problematiche che poi non consentirono all’Amap di pagare le rate. Gli accertamenti, coordinati dal pm della Procura europea Gery Ferrara, hanno riguardato un prestito agevolato di circa 20 milioni di euro che la società pubblica aveva ottenuto dalla Bei sul fondo europeo per gli investimenti strategici (Efsi) con garanzia concessa dall’Unione europea, per la realizzazione di un programma nel settore della produzione di acqua potabile e trattamento delle acque reflue.
I manager dell’azienda, secondo la tesi dell’accusa, per impedire a Bei di procedere alle valutazioni di competenza in merito al rispetto delle condizioni per l’ottenimento o la revoca del finanziamento erogato, avrebbero consapevolmente omesso di comunicare alla banca, tra il 2017 e il 2020, di gravi e reiterate violazioni, anche di rilevanza penale, in materia ambientale, sfociate in un’ordinanza di commissariamento giudiziale emessa nel 2021 dal gip di Palermo e nella successiva richiesta di rinvio a giudizio dei responsabili. Pur sostanzialmente ribadendo la fondatezza delle accuse, il Riesame ha revocato il sequestro sostenendo che il gip, che lo dispose su richiesta della Procura, non avrebbe sufficientemente motivato, come richiede la legge, sul rischio di commissione di altri reati o di aggravamento delle conseguenze del reato.
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