- Da Ance no a mega-appalti che escludono il territorio e le imprese locali
- Problema mancanza di concorrenza e di trasparenza
- Progetti in lotti inferiori a 100 milioni per consentire alle imprese locali di partecipare alle gare
È fallimentare il modello dei mega-appalti, secondo Ance Sicilia, Collegio Regionale Costruttori Edili Siciliani. Il rischio è che si crei un monopolio sulle grandi opere da realizzare. La legge “Semplificazioni” del 2020, che integra la legge “Sblocca cantieri” del 2019, nelle intenzioni del legislatore mira a rimettere velocemente in moto il settore delle opere pubbliche come risposta immediata alla crisi pandemica, favorendo il rilancio delle imprese edili locali, delle attività tecniche, dell’industria dei materiali e della filiera delle forniture e facendo così sviluppare l’occupazione e l’economia dei territori interessati.
Fallimentare modello dei mega-appalti
Secondo Ance però, nella sua applicazione pratica, il precedente governo nazionale, riguardo alla realizzazione delle principali opere strategiche, ha fatto il contrario, “orientando anche nei primi recenti casi in Sicilia l’assegnazione dei lavori secondo il vecchio e fallimentare modello dei mega-appalti, ai quali possono partecipare solo colossi o raggruppamenti d’imprese dotati di requisiti non presenti fra le imprese dell’isola”. Secondo i Costruttori Edili Siciliani, nell’ultimo decennio – anche in Sicilia – il ricorso ai mega-appalti, oltre a escludere tutte le imprese locali dalle gare, sarebbe stato sinonimo di “mancanza di concorrenza e di trasparenza, di totale inefficienza, di tempi biblici e opere incompiute o mal eseguite, di contenziosi infiniti con le stazioni appaltanti e, soprattutto, di mancati pagamenti alle ditte subappaltatrici, aggravando così la condizione occupazionale ed economica delle comunità coinvolte”.
Maggiore concertazione con le Regioni
La Conferenza delle Regioni lo scorso 4 febbraio al governo nazionale, in occasione dell’audizione nelle Commissioni competenti di Camera e Senato sul Dpcm per le 58 opere strategiche da realizzare tramite commissari straordinari, aveva già chiesto una maggiore concertazione con le Regioni sugli strumenti, sui finanziamenti e sulle prerogative dei commissari riguardo agli interventi infrastrutturali di maggiore complessità e urgenza. Una richiesta avallata anche da Anci che accoglie in tal senso con favore e speranza l’impegno assunto nelle stesse Commissioni dal nuovo ministro Enrico Giovannini di operare, per queste infrastrutture e per quelle del “Recovery Plan”, in pieno raccordo con le Regioni.
L’appello a Musumeci
Il collegio fa appello al governatore siciliano anche nella sua prossima veste di commissario straordinario per alcune opere come la Ragusa-Catania, “intervenga con la sua consueta determinazione sul governo nazionale, sul gruppo Rfi-Anas (titolare della quasi totalità delle opere strategiche da realizzare nell’Isola) e sui commissari straordinari, affinché si rinunci al fallimentare modello dei mega-appalti, si mantenga in capo alle efficienti strutture tecniche e amministrative di Rfi e Anas la regia, la gestione e il controllo diretto sui cantieri e si ricorra alla suddivisione degli appalti in più lotti di minor importo, facilitando così la partecipazione da parte di aggregazioni di aziende del comparto Pmi”.
La richiesta è di ridurre i lotti
Ridurre l’importo dei singoli lotti aprirebbe la partecipazione delle gare alle imprese locali qualificate e garantirebbe trasparenza, corretta gestione dei cantieri e dei pagamenti e, soprattutto, certezza di completamento dei lavori. Questa la proposta che in caso d’intoppi in un cantiere eviterebbe ritardi in tutti gli altri. Secondo l’Ance Sicilia, opere fondamentali per il futuro dell’Isola e attese da più di vent’anni, come la Ragusa-Catania, la Ss640, il riassetto della viabilità provinciale, la ferrovia Palermo-Trapani via Milo, la velocizzazione della ferrovia Palermo-Catania-Messina, ma anche gli altri interventi che sono o che saranno inseriti nel “Recovery Plan”, non possono rischiare di restare impantanati nella nebulosità di una tendenza al “grande e pubblico è bello” che, oltre a rendere possibile il rischio di una gestione dei finanziamenti monopolistica e poco trasparente, è figlia per lo più di un crescente sentimento anti-imprese che non può più essere tollerabile, soprattutto in piena emergenza pandemica.
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