È scontro aperto tra l’Aspes, l’associazione pubblicità esterna che annovera molte imprese che si occupano della cartellonistica pubblicitaria con impianti nel capoluogo isolano, e il Comune di Palermo. Un contenzioso che nasce da una richiesta di pagamento di un credito vantato dalle aziende nei confronti di Palazzo delle Aquile. La vicenda nasce da una imposta pretesa dal Comune negli anni dal 2013 al 2018, ritenuta illegittima, a norma di legge, dalle aziende di pubblicità cartellonistica, come spiegato in una lettera inviata al Comune stesso, ai media e agli organismi rappresentanza delle imprese.
Il contenzioso
“La vicenda in questione è conseguente all’errata decisione assunta dall’amministrazione comunale di pretendere, per gli anni d’imposta compresi dal 2013 al 2018, il pagamento di imposte pubblicità che, ai sensi di quanto previsto da una chiara legge nazionale, non dovevano essere richieste – recita la missiva dell’Aspes -. Di fronte a tale illegittima pretesa le imprese che a quel tempo mantenevano impianti nel territorio cittadino dovettero decidere se ridimensionare la loro attività dismettendo molti impianti o, così come hanno fatto alcune nostre associate, pagare le imposte non dovute ricorrendo a cospicui prestiti per ϐinanziare il maggiore pagamento, riservandosi di avviare un contenzioso finalizzato ad ottenerne il rimborso”.
La sentenza della Corte Costituzionale
“Tale circostanza ha costretto molte imprese non solo a dover avviare dei complessi contenziosi tributari aventi ad oggetto la contestazione dei bollettini di pagamento inviati dal Comune, ma anche a pagare, per molti anni, sia le imposte non dovute che i cospicui oneri finanziari relativi all’anticipazione bancaria. Le imprese che hanno deciso di pagare le imposte non dovute per non incorrere in accertamenti tributari che potevano costare la rimozione forzata degli impianti, hanno dovuto iscrivere nei bilanci sia gli ingenti costi relativi ai finanziamenti che le maggiori imposte versate e ad accusare delle perdite rilevanti che ne hanno penalizzato sia la capacità finanziaria che lo sviluppo operativo.
Finalmente, la Corte Costituzionale con sentenza n. 15 del 10 gennaio 2018, ha definitivamente chiarito l’illegittimità degli aumenti tariffari richiesti dai comuni – compreso quindi Palermo – restituendo alle imprese la certezza di poter finalmente riottenere quelle somme anticipate con le quali sarebbero potute rientrare nelle esposizioni bancarie e colmare quelle perdite che negli anni avevano eroso i loro patrimoni e penalizzato i loro bilanci”.
“Comune inadempiente”
“A questo punto – prosegue l’associazione – la gran parte dei comuni che avevano incassato tali maggiori importi, ha pagato quanto indebitamente percepito anche mediante compensazioni di crediti. Con profondo stupore l’amministrazione comunale palermitana di quel tempo, non rispettando né la legge né la sentenza della Consulta, ha deciso, temerariamente, di “fare cassa” in danno delle imprese e di continuare un contenzioso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (oggi Corte di Giustizia Tributaria) che sicuramente l’avrebbe vista soccombere. Com’era prevedibile, il Comune di Palermo, pur guadagnando tempo per pagare, ha dovuto soccombere nei giudizi instaurati dalle imprese, sia in primo grado e talvolta, quando le sentenze sono state impugnate dall’amministrazione, anche in secondo grado”.
“A seguito di tali sentenze le imprese pensavano di poter recuperare il proprio credito, ma la precedente amministrazione, a causa delle gravi condizioni del bilancio comunale, non ha voluto rispettare le decisioni dei Giudici, costringendo le imprese a intraprendere l’azione esecutiva che comportano la nomina di commissari ad acta. A causa del comportamento inadempiente dell’amministrazione comunale le imprese creditrici, dopo oltre sei anni dall’avvio di un contezioso che neanche sarebbe dovuto iniziare, si sono trovate non solo a dover continuare a pagare interessi per importi rilevanti, ma a dover anche contrarre ulteriori debiti per pagare le imposte dovute per le plusvalenze determinate da sentenze che la legge prevede debbano essere iscritte in bilancio nel momento in cui la sentenza diventa esecutiva, a prescindere dal loro incasso”.
L’appello ai consiglieri
“Alla luce di quanto esposto confidiamo sulla sensibilità dei signori consiglieri e li invitiamo a dare seguito a delle delibere che oltre ad eseguire quanto previsto dalla legge, confermata da una sentenza della Corte Costituzionale, eseguono numerose sentenze della Commissione Tributaria, per molti anni disattese dalla precedente amministrazione comunale e restituiscono delle somme che sono state indebitamente incassate e trattenute dall’amministrazione. Al termine di questa vicenda non possiamo che esprimere il nostro rincrescimento e la nostra solidarietà sia a tutte quelle imprese che tra il 2013 ed il 2018, anche a causa del provvedimento censurato dai magistrati tributari, hanno dovuto cessare le loro attività e/o dismettere le loro insegne, sia a quelle che in buona fede hanno corrisposto al comune di Palermo ingenti importi per imposte di pubblicità illegittime che per mancanza di tempo e/o di competenze legali non sono riuscite a contestare e quindi a recuperare”, conclude la lettera dell’Aspes.
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