Preoccupa molto il nuovo, almeno per Palermo, fenomeno degli attacchi ai Bancomat che si susseguono con una frequenza mai registrata prima. “Tre attacchi in un mese, dopo anni in cui non si registrava nessun colpo del genere, devono fare riflettere e correre ai ripari – afferma Gabriele Urzì dirigente nazionale Fabi e responsabile salute e sicurezza Fabi Palermo – anche perché fino ad oggi è stato un fenomeno confinato alle aree del nord del paese. Il 3 settembre il colpo alle poste di via Pergusa, il 7 a Banca Sella in via Castellana e l’ultimo il 22 alla Bcc di Altofonte e Caccamo in viale Regione dove i malviventi sono riusciti a sottrarre 50.000 euro: cosa ci vuole ancora per far capire che è vera emergenza?”

Pericolo per cose e persone

“Ormai c’è solo da augurarsi, se hai il bancomat sotto casa, che ad agire siano esperti in questo tipo di crimine e non dilettanti alle prese con bombole ed esplosivi dei cui effetti sanno veramente poco. I rischi di colpire le persone sono elevatissimi e a volte volano in aria micidiali schegge di vetro, acciaio e plastiche e solo per miracolo, sino ad ora, nessuno si è ferito in modo serio o peggio. I criminali agiscono in 3 o 4 perché questi assalti non sono colpi per “solisti” ed il tutto non dura più di 4 o 5 minuti. Questi eventi criminosi vengono messi in atto quasi sempre la notte con preferenza per il venerdì sera perché i banditi sanno che gli istituti di credito caricano il denaro per il fine settimana. Immaginate cosa potrebbe succedere se transitassero pedoni o magari qualcuno posteggiasse un automobile nel momento sbagliato”.

I metodi utilizzati

“Il metodo più usato è l’esplosivo ma non solo come ad esempio è avvenuto a Francofonte (SR) a maggio del 2023 dove i criminali hanno sradicato gli ATM della filiale di Unicredit con un escavatore.

I “professionisti” utilizzano un mix composto da gas e acetilene, ma più spesso delinquenti più sprovveduti adoperano semplici bombole di gas che servono per innescare l’esplosione. A volte viene utilizzata la “marmotta” (gli investigatori l’hanno chiamata così perché l’ordigno emette poco prima della deflagrazione un suono simile al verso del roditore), una sorta di parallelepipedo di metallo riempito di esplosivo che viene precedentemente preparato dai ladri. La “marmotta” ha una estremità con un contenitore a forma di cono con all’interno della polvere da sparo. All’estremità opposta c’è una miccia che viene azionata dopo aver inserito l’oggetto in una fessura precedentemente scavata nello sportello utilizzando un trapano o altri strumenti.

I rimedi e gli interventi necessari

“Le misure maggiormente efficaci sono gli impianti connessi a sensori antiscasso e antintrusione, la blindatura del mezzo forte, dispositivi attivi per proteggere i locali che contengono il mezzo forte o la vetrina dove è installato, un rinforzo aggiuntivo della vetrina dove è ubicato lo sportello ATM o lo spazio antistante con difese passive come i dissuasori, sensori per la rilevazione di gas o dispositivi che impediscano l’esplosione, dispositivi che impediscano l’introduzione di materiale esplosivo o gassoso nel mezzo forte. Le banche devono investire sempre di più al fine di tutelare la sicurezza dei propri impianti e delle persone. Ma occorre anche aumentare la vigilanza privata fisica con pattugliamenti frequenti nelle ore notturne, che non possono essere effettuati soltanto dalle Forze dell’Ordine che già fanno miracoli con uomini e mezzi spesso insufficienti. Basta andare in giro di notte per vedere le poche gazzelle e volanti che devono coprire un territorio vastissimo come quello dell’area metropolitana di Palermo. Basta risparmiare sulla sicurezza e pubblicizzare somme ingenti spese per la sicurezza: non sono costi ma investimenti – conclude Urzì”.