Parla di vicenda kafkiana l’avvocato Calogero Dolce. Una vicenda che lo ha distrutto e fatto sprofondare in una profonda crisi dalla quale è difficile riprendersi. Per lui abituato a difendere i clienti trovarsi dall’altro lato non è stato facile. Anche perché la sua storia va avanti da 12 anni e non si è ancora conclusa.

La vicenda è complessa ed è iniziata nel 2005, a Natale del 2005. E ancora non si è chiusa. Anzi domani si potrebbe consumare l’ennesimo dramma per il professionista.

“Nel dicembre del 2005 – racconta Calogero Dolce – ricevo una proposta contrattuale di lavoro in ordine a transazioni internazionali, in particolare fra gli Stati Uniti e i paesi dell’est (premetto che parlo fluentemente l’inglese e il russo), ebbene, questa società americana ha preteso finanche il mio certificato penale, io dovevo ricevere dei bonifici e poi trattenuta una percentuale che variava dal 5 al 10% inviarli a soggetti russi o ucraini, stante la scarsa affidabilità del sistema bancario russo (cosa che risulta anche a me personalmente). Accettai il mandato, fra l’altro lavoro per società estere. Ho ricevuto i primi bonifici di appena mille euro.

Sempre nel dicembre del 2005, in vista delle festività natalizie ho fatto un assegno a mia figlia per fare dei regali. Mia figlia va in banca nell’agenzia dell’Antonveneta rifiutò di cambiare l’assegno. Il vicedirettore mi spiegò che il contro era stato sequestrato. Mi era stato sequestrato il conto per operazioni “sospette” di mille euro”.

Da quel momento inizia l’incubo. La procura di Aosta nel corso di un’inchiesta aveva bloccato il conto corrente.

“Il provvedimento di sequestro mi venne notificato il successivo 16 gennaio 2006, mentre la convalida, anche ai fini di una eventuale impugnazione non mi è stata mai notificata – aggiunge l’avvocato Dolce – Mi attivavo subito inviando una memoria difensiva al Pubblico Ministero. Bastava una semplice operazione per scagionarmi chiedere al provider di competenza il log-file ed individuare chi si fosse intromesso nel conto corrente delle presunte vittime della truffa (in poche parole la tesi accusatoria era quella che io mi fossi intromesso telematicamente nel conto corrente online di soggetti e avevo effettuato dei bonifici a mio favore, quindi truffa).

Questa semplice operazione avrebbe dimostrato in pochi secondi, non giorni o mesi, ma davvero pochi secondi chi fosse stato ad intromettersi nel conto corrente in questione, la sentenza dirà poi che sono stati terzi rimasti ignoti perché non era più possibile effettuare detto accertamento in quanto i dati vengono conservati dai providers per 2 anni, io avevo chiesto che si effettuasse questo accertamento appena un mese dopo”.

Da questa vicenda kafkiana l’avvocato ne esce assolto il 29 settembre del 2008. Tutto finito. No? Da quel giorno inizia la vicenda più assurda.

“Nel 2003, dopo tanti sacrifici e una vita di duro lavoro, – aggiunge l’avvocato – riuscii a comprare casa, dando una parte in contanti e la rimanente somma accedendo ad un mutuo, nel 2005. Dopo la notizia del sequestro sono stati ricoverato. Ho iniziato il mio lungo calvario che mi ha portato a stare malissimo. Tutto il mondo mi è crollato addosso e senza rimedio alcuno!

Da totale innocente, come statuito dalla sentenza passata in giudicato lo scorso 29 dicembre, sono stato assassinato con un processo neanche sommario, neanche un briciolo di indagini, nessuna attività, nulla di nulla, il niente assoluto. Visto che mi era stato bloccato il conto, nonostante vi fossero i soldi, il mutuo non è stato più pagato anche perché sono entrato in black list e adesso, domani mettono all’asta la mia casa”.

Una storia davvero incredibile che si consuma nel silenzio più assoluto. “L’immobile da me acquistato da qui a poco sarà messo all’asta, è stato già pignorato dalla banca titolare del mutuo e da un paio di altri creditori minori, procedura esecutiva immobiliare presso il Tribunale di Palermo n. 90/2007. Le rate del mutuo erano pagate a mezzo R.I.D. proprio sul conto corrente sequestrato, – continua Dolce – così oltre a togliermi ogni disponibilità economica non potevo effettuare alcun movimento sul conto corrente, ovviamente anche il pagamento delle rate del mutuo.

Sono decaduto dal beneficio del termine, immobile pignorato ed istanza di vendita, così sto perdendo l’immobile costatomi 40 anni di sudore, sacrifici e sangue (preciso che il valore di mercato dell’immobile, attico e superattico in pieno centro della città di Palermo e di 1.250.000 euro il residuo del mutuo da pagare è di circa 200.000 euro se venisse venduto all’asta, ovviamente verrebbe venduto ad un prezzo quasi irrisorio e notevolmente minore al giusto valore di mercato”. Domani è previsto l’ultimo atto di questa vicenda.

“Spero che ci sia ancora giustizia in questo paese – conclude Dolce – Non è possibile vivere nelle condizioni in cui sono vissuto tutti questi anni. Spero che qualcuno mi risponda. Ho scritto a tutte le istituzioni, dal presidente della Repubblica, al presidente del Senato a deputati e senatori. La mia vicenda deve insegnare qualcosa. Non si può essere uccisi in questo modo due volte. Non si può”.