Il processo nato per il fallimento della fabbrica di sanitari da bagno Cesame si è concluso con l’assoluzione di tutti e cinque imputati da parte della prima sezione penale del Tribunale di Catania, presieduta da Roberto Passalacqua. Assoluzione perché i fatti non sussistono, e anche per non avere commesso il fatto limitatamente alla condotta distrattiva relativa agli automezzi, per Luciano Monteleone, Antonino Santoro, Domenico Luciani, Lorenzo Coppola e Fabrizio Brigandì.

La richiesta dell’accusa

L’accusa aveva chiesto la loro condanna con pene comprese tra 4 e 8 anni di reclusione ciascuno per una presunta bancarotta fraudolenta. “La formula di assoluzione scelta dal Tribunale di Catania – afferma l’avvocato Pietro Ivan Maravigna che assiste Santoro – è quella più ampia possibile: il fatto non sussiste quando la condotta criminosa non è mai esistita. Probabilmente adesso non sarà più neppure possibile risalire alla verità, quantomeno morale o politica, sul crack Cesame. Sei anni di processo, otto con le indagini preliminari – aggiunge il penalista – possono distruggere la vita di una persona e la credibilità di un imprenditore se, come in questo caso, si viene accusati della bancarotta di una impresa come la Cesame. Le banche chiudono i rubinetti e non è facile, se non impossibile, fare impresa senza finanza. A parte le ovvie negative considerazioni sulla capacità imprenditoriale di chi rimane sotto processo.

La soddisfazione della difesa

“Ovviamente – conclude il legale – sono felice per il mio assistito, il dottore Santoro, e per la sua famiglia che ha sofferto con lui ma questa vicenda deve fare riflettere sui pericoli di una legge, quale quella che cancella la prescrizione, che va al più presto abrogata”.

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