Beni confiscati al boss di Bagheria, nel palermitano. I carabinieri del nucleo investigativo di Palermo hanno eseguito un provvedimento della sezione misure di prevenzione per un milione e mezzo di euro nei confronti di Giuseppe Scaduto, detto “Pino”. Nato a Bagheria, 76 anni, imprenditore edile, detenuto, Scaduto è stato il reggente del mandamento mafioso della cittadina del palermitano, arrestato nell’operazione denominata “Perseo”. In passato è stato condannato anche per ricettazione, produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti ed altro.
Il suo passato
Nel 2012 è stato condannato a 10 anni di reclusione per associazione mafiosa ed estorsione. Nell’ottobre del 2017 è stato arrestato con l’accusa di estorsione aggravata in concorso e nel 2019 veniva condannato dalla corte di appello di Palermo a 10 anni di reclusione. Nel settembre 2021, mentre scontava la pena, veniva raggiunto da un altro provvedimento di custodia cautelare per associazione mafiosa, estorsione e rapina aggravata.
I beni confiscati
Il provvedimento di confisca definitiva ha riguardato i seguenti beni: l’intero capitale sociale e relativo complesso di beni aziendali della società “Rinascimento Hotels srl” con sede a Palermo, l’intero capitale sociale e relativo complesso di beni aziendali della società “Scaduto costruzioni srl” con sede a Bagheria, l’intero capitale sociale e relativo complesso di beni aziendali della società “Sca.Bi.Oil srl. Unipersonale” con sede a Bagheria, l’intero capitale sociale e relativo complesso di beni aziendali della società “Scaduto Immobiliare srl” con sede a Bagheria, 2 appezzamenti di terreno a Palermo; 3 abitazioni a Bagheria, 2 fabbricati rurali a Palermo; 3 magazzini a Bagheria; ed infine 10 rapporti bancari.
Personaggio senza scrupoli
Il profilo di Pino Scaduto è oramai conosciuto da tempo, con uno spessore criminale che evidenzia una personalità che non si fa troppi scrupoli. Come quando nel 2017, poco prima della sua scarcerazione, aveva deciso di uccidere la figlia. Il boss in numerose lettere inviate dal carcere ai sui familiari, tra il maggio del 2009 e il febbraio 2010, manifestava il suo proposito di uccidere la donna, il suo convivente e l’amante, un maresciallo dei carabinieri. Scaduto aveva ordinato di “ammazzare lei e l’amante” poiché “tutto da lei è partito”, intendendo attribuire alla figlia le responsabilità del suo arresto.
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