PALERMO (ITALPRESS) – Disarticolata l’intera famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno, nel Palermitano. Sono 9 le misure cautelari in carcere eseguite dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Palermo in varie località in provincia per associazione di tipo mafioso, porto e detenzione di armi clandestine e ricettazione, questi ultimi reati aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip di Palermo su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia.
L’indagine, denominata “Limes” e seguita da un pool di magistrati coordinati dal Procuratore aggiunto Paolo Guido, ha permesso di provare “la perdurante operatività” della famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno, “organicamente inserita nel mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno”, negli ultimi 15 anni obiettivo di operazioni tra cui, “Perseo” (2008), “Sisma” (2009 e 2011), “Jafar” e “Jafar 2” (2015) e “Cupola 2.0” (2018/2019).
L’indagine, iniziata dai carabinieri nel gennaio 2020, ha permesso di far emergere “gravi indizi per affermare la piena operatività dell’organizzazione criminale “Cosa Nostra” a Belmonte Mezzagno, che nell’ultimo triennio è stato teatro dei più eclatanti fatti di sangue dell’intera provincia di Palermo, immortalando un contesto territoriale caratterizzato da uno spietato ricorso alla violenza ed all’uso delle armi”. L’attività fa seguito a tre omicidi e un tentato omicidio a Belmonte tra gennaio 2019 e febbraio 2020.
Secondo l’ordinanza cautelare, sussistono gravi indizi “per affermare l’operatività e lo stretto controllo sul territorio esercitato della decina, ritenuta la più potente e pericolosa della famiglia di Belmonte Mezzagno, dalla quale emergerebbe la figura di Agostino Giocondo” che “avrebbe coordinato l’attività nei settori tipici di controllo di Cosa Nostra, curando il mantenimento dell’ordine pubblico sul territorio e adoperandosi – in modo paritetico ad altri sodali oggi arrestati – per la risoluzione di svariate controversie tra privati, in alternativa allo Stato”.
In particolare, risulterebbe essersi attivato “per il sostentamento dei detenuti della famiglia di Belmonte Mezzagno e per la restituzione della refurtiva asportata ad un commerciante, organico alla famiglia mafiosa e anch’egli arrestato, con il quale, sfruttando la forza di intimidazione promanante dalla loro appartenenza a Cosa Nostra, avrebbe influenzato la libertà di iniziativa economica locale, limitando la possibilità di esercizio ad aziende concorrenti”. Dalle indagini è inoltre emersa “la piena ed attuale disponibilità di armi da parte della famiglia di Belmonte Mezzagno, delle quali solo due sono state rinvenute: un fucile da caccia marca Winchester cal. 12 con matricola parzialmente punzonata e un revolver cal. 38 special Smith & Wesson con matricola abrasa”. Sempre secondo gli inquirenti sarebbe proprio Giocondo il “custode” dell’arsenale della famiglia di Belmonte.
(ITALPRESS).
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