Una bambola con un proiettile conficcato sulla testa e “impiccata” alla porta d’ingresso di casa, questa l’intimidazione “infiocchettata” dalla mafia per un’impresa edile. L’obiettivo era quella di costringerla a rivolgersi alla famiglia della zona per avere il “permesso”, ovviamente garantendo una percentuale dell’appalto. E’ uno degli aspetti che emerge dall’operazione antimafia scattata all’alba di oggi a Palermo che ha portato a 7 provvedimenti cautelari. Cinque in carcere e 2 ai domiciliari. Si tratta di presunti affiliati al mandamento di Pagliarelli e più precisamente della famiglia di Rocca Mezzomonreale.La bambola usata come intimidazione per l'impresa

Badagliacca incontra a casa Zappulla

La ristrutturazione di un immobile

Tra gli indagati figura Gioacchino Badagliacca che in un’intercettazione praticamente vuota il sacco e racconta dell’intimidazione all’impresa. Lo ha fatto sfogandosi al telefono con l’anziano mafioso Antonino Anello, anche lui tra coloro che sono stati raggiunti da misura cautelare. Badagliacca ha messo la bambola appesa al cancello di un noto imprenditore. Quindi si è lamentato di averlo fatto da solo. “Zio Ninì, io, sono uscito la notte io! Anche questa cosa, cioè, si doveva andare a fare la bambola. A metterci un segnale per farli venire perché avevano preso impegni in questi due anni che io sono stato lì dentro”. In pratica Badagliacca, come scrive il Gip, voleva costringere l’imprenditore ad affidare l’appalto della ristrutturazione di un immobile all’impresa indicata dalla famiglia mafiosa. Intento però venuto meno perché il titolare denunciò tutto alla polizia.

L’organizzazione del messaggio

In realtà questo messaggio intimidatorio sarebbe stato pianificato. Sempre da quanto emerge dalle intercettazioni ambientali e telefoniche Badagliacca sarebbe stato in contatto con Marco Zappulla, anche lui figura tra gli indagati. La notte dell’intimidazione i due si incontrarono, parlarono anche apertamente seppur a bassa voce. Tanto quanto è stato comunque necessario per captare i loro dialoghi. Entrambi prima si sono incontrati nei pressi di casa di Zappulla e poi insieme in motorino si sono diretti al cantiere della ditta.

Badagliacca e Zappulla nei pressi del cantiere

Badagliacca e Zappulla nei pressi del cantiere

L’operazione

Gli indagati sono accusati di associazione di tipo mafioso ed estorsioni, consumate e tentate, con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività mafiosa. Ma anche di essersi avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva.

Le indagini

L’indagine conferma le storiche figure di vertice del mandamento già in passato protagoniste di episodi rilevantissimi per la vita dell’associazione mafiosa. Quali, ad esempio, la gestione operativa della trasferta in Francia del capomafia deceduto Bernardo Provenzano per sottoporsi a cure mediche o la tenuta dei contatti con l’allora capomafia trapanese latitante Matteo Messina Denaro. Ma gli investigatori dell’Arma, coordinati dai pm della Dda guidati dal procuratore Maurizio De Lucia, hanno scoperto l’esistenza di uomini d’onore “riservati”. Rimasti ad oggi del tutto estranei alle cronache giudiziarie, “i quali godrebbero di una speciale tutela e verrebbero chiamati in causa soltanto in momenti di particolare criticità”.

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