Rosario Basile, ex titolare della società di vigilanza privata Ksm, avrebbe minacciato una sua dipendente con la quale ha avuto una relazione per farla abortire e poi l’ha licenziata.

La Procura di Palermo ha chiuso la prima parte dell’inchiesta che ha coinvolto il patron della Ksm, Rosario Basile: relativa alle minacce che questi avrebbe rivolto alla donna che poi ha dato alla luce  un figlio non riconosciuto.

Oltre a Basile rischiano il processo Francesco Paolo Di Paola, ex dirigente della Ksm (che avrebbe aiutato l’imputato) , Marcella Tabascio (segretaria di presidenza della Ksm), Salvatore Cassarà, maresciallo dei carabinieri indagato per rivelazione di segreto istruttorio, Veronica Lavore, Antonino Castagna, dipendente della Ksm (accusato di violenza privata), Francesco Spadaro, altro dipendente della Ksm, e Salvatore Lo Presti.

Sono state stralciate e restano al vaglio degli inquirenti le posizioni di Filippo Basile, figlio di Rosario, e Luigi Galvano, legale rappresentante e titolare della licenza rilasciata dalla Prefettura di Palermo.

Ma nell’avviso di conclusione d’indagine spunta una nuova accusa per Basile: violenza privata. Secondo il pm, infatti, Basile avrebbe ottenuto un campione biologico del bambino che sarebbe servito a fare una comparazione del Dna. Non è chiaro in che modo se lo sia procurato. La comparazione non ebbe alcun esito perché il supporto sul quale era adagiato il frammento biologico sarebbe stato inadeguato.