I giudici della Corte dei Conti, presieduti da Vincenzo Lo Presti, hanno condannato la società A. e G. Riscossioni Spa, con sede a Lucca, a risarcire il Comune di Borgetto nel Palermitano di circa 460 mila euro per la mancata riscossione della Tarsu, la vecchia tassa sui rifiuti, dai residenti morosi per l’anno 2013. Era stato stipulato tra il Comune di Borgetto e la società di riscossioni un contratto per l’affidamento in concessione della gestione delle sanzioni per violazione del codice della strada, l’accertamento e riscossione coattiva delle entrate tributarie e patrimoniali dell’ente.

La denuncia del segretario generale

Le contestazioni della procura regionale sono scattate dopo la denuncia di danno da parte del segretario generale del Comune con la quale è stato segnalato che era scaduto il termine entro cui procedere alla notifica dei 1.396 atti relativi al ruolo per omesso o parziale pagamento della Tarsu per l’anno 2013.

La prescrizione

Come si sa gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli, o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche attraverso posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Scaduti i termini il tributo non può essere più richiesto.

Il contenzioso

Tra la società di riscossione e il Comune è scattato a metà del 2018 un carteggio con l’invio dei dati dei morosi. Secondo la società dati incompleti che non avrebbero consentito l’invio degli avvisi. Non così per il Comune che avrebbe fornito tutto il necessario per inviare le richieste di pagamento. L’impianto della procura contabile è stato accolto dai giudici.

Le motivazioni della condanna

“Per la società di riscossione – dicono i giudici – è addebitabile la colpa grave essendo manifesto un difetto del comportamento concreto, rispetto ad un modello di condotta specifico e pertinente, imposto non solo dal principio della buona fede ma anche dalle peculiari previsioni contenute nei contratti. Dato il rilevante importo complessivo delle diverse posizioni debitorie, la società ben avrebbe potuto tentare di contenere il danno procedendo con la notifica delle ingiunzioni relative alle posizioni per le quali non si riscontravano anomalie o per quelle immediatamente rettificabili”. La sentenza è di primo grado e può essere quindi ancora appellata.

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