“Bruno Contrada si è iscritto al Partito Radicale. Noi stiamo estremamente felici”. Lo ha detto Rita Bernardini, membro della presidente del Partito radicale nel corso della conferenza stampa alla quale ha preso parto lo stesso Contrada e Sergio D’Elia anche lui del Partito Radicale.

“Abbiamo seguito passo passo la vicenda di Contrada. E’ stato Marco Pannella ad iniziare ad occuparsene – ha aggiunto Rita Bernardini – Sono stati 25 anni di sofferenze e frustrazioni.

Non lo ha scelto prima per la sua professione e perché era sotto processo. Oggi che Bruno Contrada è stato totalmente scagionato dalle pronunce della Corte Europea dei diritti dell’Uomo e della Cassazione ha preso questa decisione di cui siamo felici”.

“Io non sono in grado di dare un giudizio che possa corrispondere alla verità. Confesso di non avere capito cosa mi sta succedendo devo studiarlo.
Io colgo questa occasione per ringraziare gli esponenti del partito radicale per questa vicinanza e solidarietà. Io mi limito a dire a chi mi ascoltano e mi ascolteranno nei prossimi giorni che nessuno dei fatti che mi sono stati contestati, addebitati per cui sono stato condannato ho mai commesso.

Io non mai commesso atti illeciti contrari alle norme del nostro Stato. Credo di essere incorso in qualche contravvenzione stradale. Ho scontato la pena rispettandola anche se criticata e appellata e vorrei adesso che altri che hanno preteso dai cittadini il rispetto delle sentenze e che hanno indossato la toga che anche loro rispettino le mie sentenze quelle di Strasburgo e quella della Cassazione”.

Lo ha detto Bruno Contrada nel corso della conferenza che si è tenuta con gli esponenti del Partito Radicale.

“Io non so nulla di questa inchiesta che sta svolgendo la Procura di Reggio Calabria. Posso dire solo che non ho mai prestato servizio in Calabria e non mi sono mai occupato di ‘ndrangheta. Non ne so davvero nulla. Non riesco a capire che cosa vogliono da me”.

Così, Bruno Contrada, l’ex numero 2 del Sisde che nei giorni scorsi ha subito una perquisizione nella sua abitazione nell’ambito di una inchiesta della Dda reggina su fatti del passato. Gli investigatori erano a caccia della prova dei rapporti oscuri fra l’ex poliziotto e Giovanni Aiello, soprannominato “faccia da mostro” per la profonda cicatrice che ne deturpa il viso.

“Ho un vago ricordo di circa 40 anni fa, sto parlando degli anni Settanta – dice Contrada – quando c’era un agente alla Squadra mobile e mi sembra di ricordare che rispondesse ai connotati di questo signor Aiello. Ma non ricordo neppure in che sezione fosse. Lo ricordo per i capelli lunghi. Ho chiesto anche ad alcuni vecchi marescialli. Ma non riesco a ricordarmelo”.

“La notte in cui ho subito la perquisizione, ho pensato di morire. Io ho due figli, uno è molto malato di cuore, e l’altro è al momento in vacanza all’estero con la sua famiglia. Quando ho sentito bussare in piena notte al citofono e ho sentito gridare ‘polizia’, il cuore ha iniziato a battere all’impazzata.

Ero convinto che fosse successo qualcosa o ad Antonio o a Guido”. Lo racconta Bruno Contrada ne corso della conferenza stampa sulla perquisizione eseguita, in piena notte, nei giorni scorsi, nell’ambito di una inchiesta della Dda di Reggio Calabria. “Li ho fatti salire a casa – racconta ancora Contrada – e quando ho visto che si trattava di una perquisizione, mi sono sentito rinascere e ho ringraziato Dio che si trattava di questo e che non che fosse successo qualcosa ai miei figli”. “Da tener presente che le perquisizioni non posso essere effettuate dopo le 20 e prima delle sette del mattino – conclude Contrada – Oltretutto si tratta di fatti di 40 anni fa, quindi non mi pare che fosse una cosa urgente”.