La bufera dentro Forza Italia rischia di finire in Procura e travolgere tutto il Parlamento regionale siciliano.

Capogruppo azzurro verso la sfiducia

Protagonista il capogruppo azzurro Tommaso Calderone, considerato un fedelissimo di Gianfranco Miccichè, messo sul bando degli imputati dai dissidenti che hanno auto convocato il gruppo per sfiduciarlo ed eleggere un nuovo capogruppo, probabilmente Caputo

Calderone non ci sta

Ma Calderone non ci sta e voci di corridoio dicono che sia pronto ad andare in procura a presentare una denuncia per minacce. La vicenda sarebbe nota fra i corridoi di palazzo dei Normanni ma anche al di fuori visto che perfino il candidato presidente della Regione Cateno de Luca ne racconta nella sua diretta social della mattina

L’emendamento della discordia

Al centro dello scontro ci sarebbe un emendamento proprio a firma di calderone già definito ‘blocca nomine’. L’emendamento in questione sarà in discussione oggi pomeriggio all’Ars e se approvato stopperebbe qualsiasi nomine introducendo in anticipo una sorta di semestre (otto mesi in realtà) bianco per il governo ed il Parlamento che non potrebbe fare nomine ma solo commissari fino alle elezioni.

Minacce al capogruppo?

Prima che scoppiasse la bufera, però, Calderone sarebbe stato avvicinato da alcuni deputati che lo avrebbero invitato a ritirare l’emendamento blocca nomine promettendogli, in caso contrario,  ripercussioni politiche

Vere e proprie minacce, secondo Calderone, almeno stando al racconto che ne fa radio palazzo. Minacce che poi sarebbero state reiterate anche da altri e con toni perentori via chat. In pratica c’è chi avrebbe sostenuto che non ritirare quell’emendamento sarebbe stato un suicidio politico da parte di Calderone.

La sfiducia poche ore dopo

L’avvio della procedura di sfiducia sarebbe arrivata poche ore dopo le presunte minacce secondo la ricostruzione degli uomini e delle donne vicine a calderone, che adesso avrebbe stampato i messaggi e starebbe valutando di presentarsi in procura

Voci messe in giro prima della riunione

Inevitabilmente si segno opposto la ricostruzione dei ‘dissidenti’ che parlano, invece di naturale3 confronto politico e di mere divergenze di opinioni. I termini usati farebbero riferimento solo alla politica e dunque non rappresenterebbero alcuna minaccia. Le voci di parte opposta, infatti, parlano di indiscrezioni messe in giro ad arte proprio a ridosso della riunione per la sfiducia nel tentativo di fermare la resa dei conti

Nessun legame fra le presunte minacce e il confronto in casa azzurra

Ma i deputati tacciati come ‘dissidenti’ non ci stanno e negano qualsiasi minaccia o che esista un legame fra l’emendamento e la sostituzione del capogruppo. L’emendamento, sostengono, è solo l’ultimo provvedimento assunto senza concordarlo all’interno del gruppo e le minacce, se di minacce si può parlare, non sarebbero venute4 da deputati azzurri. Per il resto c’è l’aula che è sovrana

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