Avrebbe calunniato il vice questore Gioacchino Genchi. Con questa accusa un poliziotto in servizio alla Questura di Palermo è stato rinviato a giudizio.
Si tratta di Giuseppe De Michele che accusato il funzionario, noto per essere stato il ‘super consulente telefonico’ di varie Procure, di averlo minacciato per cambiare una propria relazione sulla strage di Capaci nella quale morirono, il 23 maggio 1992, il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta.
De Michele aveva riferito, con una relazione consegnata il 26 maggio 1992, di avere notato il giorno prima della strage un furgone bianco fermo in prossimità dello svincolo autostradale di Capaci. Attorno al mezzo, che avrebbe avuto il logo di una società telefonica, l’agente ha detto di avere notato alcune persone che lo avrebbero fermato con un segnalatore.
In un successivo rapporto del primo giugno 1992 De Michele ha parlato di un altro furgone avvistato all’uscita dallo svincolo attorno al quale si muovevano una decina di persone. Per spiegare le due differenti versioni De Michele ha chiamato in causa Genchi con il quale aveva stabilito sin dall’inizio un rapporto personale e familiare.
Secondo il poliziotto, Genchi lo avrebbe indotto a cambiare versione con un messaggio minaccioso: “Hai fatto male. Adesso dimentica queste cose oppure è meglio che ti prendi la pistola e ti spari”. Al termine di una lunga indagine la Procura di Caltanissetta ha giudicato infondato il racconto del poliziotto non solo sulle circostanze dell’avvistamento dei due furgoni ma anche sul rapporto con Genchi che a quel tempo si occupava di altro e non faceva ancora parte del “pool” di investigatori impegnati nelle indagini sul caso Falcone.
Il gup di Caltanissetta ha condiviso la tesi della Procura, che lascia pensare a un tentativo di depistaggio, e ha archiviato la posizione di Genchi che nel frattempo era stato iscritto nel registro degli indagati per favoreggiamento. De Michele sarà giudicato per calunnia. Il processo comincerà il 6 aprile prossimo davanti al tribunale di Caltanissetta.
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