Nel luogo in cui, il 23 maggio 1992, la mafia uccise Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e la sua scorta, c’è una stele per ricordare quei martiri e quel giorno tristissimo.

Quello, però, è anche il luogo in cui, negli anni seguenti all’installazione del monumento, ovvero 11 anni dopo la Strage di Capaci, sono morti alcuni giovani, come il 18enne Francesco Giambone nel 2005 (il cui zio porta spesso un mazzo di fiori per ricordare il nipote) e la 13enne Vanessa Pannizzo nel 2011. In entrambi i casi, le auto su cui viaggiavano si schiantarono all’altezza dell’area di emergenza dell’obelisco.

Tra l’altro, quella curva era già pericolosa prima del 23 maggio 1992. Come ricordato in un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore, «non fu un caso, se la mafia la scelse come luogo della strage, visto che costringe a rallentare anche auto che corrono a sirene spiegate, dando più tempo a chi deve premere un telecomando per far scoppiare una bomba».

Poi, con la costruzione della stele, quel punto è diventato ancora più pericooso perché una parte del guard-rail è attaccata al muretto del monumento, nonostante i guard-rail debbano essere montati con un vuoto dietro di essi per essere deformati quando vengono urtati e tornare poi elasticamente verso la posizione iniziale, spingendo il mezzo indietro, verso la carreggiata.

L’ANAS, fa sapere sempre l’articolo de Il Sole 24 ore a firma di Nino Amadore e Maurizio Crispino, che «le barriere di sicurezza metallica sono state costruite con i criteri previsti dalle norme tecniche».

E c’è anche un altro problema, come sottolineato nel 2016 da Carlo Verdelli, direttore dell’informativa Rai, a Porta a Porta: «Perdonatemi se lo dico: ma quel monumento di Capaci, se qualcuno lo ha visto da vicino, è un’infamia. Perché di fronte a quel monumento delle vittime della mafia non ci si può neppure fermare con la macchina perché ti tirano sotto. C’è una piazzola piccolissima».

L’ANAS, tuttavia, ai giornalisti del Sole 24 Ore, ha affermato lapidariamente che un’area di sosta «non è prevista».