Presentata una risoluzione

M5S contro la Carta di Catania “Governo ritiri atti e decreti collegati”

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  • La Carta di Catania, cosa prevede il provvedimento

M5S contro la Carta di Catania, presentata risoluzione

Presentata dai deputati 5 stelle una risoluzione in commissione per impegnare l’esecutivo Musumeci al ritiro degli atti “prima di fare danni irreversibili al patrimonio culturale siciliano”

“Il governo stoppi la Carta di Catania e ritiri i decreti collegati”. Il movimento 5 stelle all’Ars torna alla carica contro quello che ritiene uno strumento pericolosissimo per i beni culturali siciliani e lo fa con una risoluzione, già presentata in commissione, e annunciando una mozione.

“Non avevamo altra scelta, l’atteggiamento dell’assessore Samonà è stato di totale chiusura, nei confronti della commissione, ma anche del mondo scientifico dei beni culturali, dal momento che si è rifiutato di riscrivere i decreti con il contributo degli esperti auditi”, affermano i deputati 5 stelle della commissione cultura, Giovanni Di Caro, Stefania Campo, Ketty Damante e Roberta Schillaci, che, assieme a Valentina Zafarana, hanno firmato la risoluzione.

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“Ribadiamo – dicono i deputati – quello che diciamo da quando la Carta di Catania è stata tirata fuori dal cilindro di Samonà: la Regione non può abdicare al suo ruolo istituzionale di tutela, conservazione e valorizzazione dei beni culturali solo per fare cassa, facendosi sostituire da privati e altri soggetti pubblici e di fatto creando mostro giuridico tra prestito e concessione in uso che non è normato dal codice dei beni culturali”.

“Ribadiamo anche – continuano – la nostra disponibilità a collaborare in commissione per risolvere le criticità del settore dei beni culturali che di certo i decreti assessoriali non risolvono, primo fra tutti il problema delle risorse umane, numericamente inadeguate, che il sovraccarico di incombenze che i decreti assessoriali presuppongono per le sovrintendenze”.

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Oltre al ritiro dei decreti, la risoluzione mira, tra le altre cose, a impegnare il governo a porre in essere tutte le azioni propria competenza per la catalogazione di tutti i beni cultural presenti nei depositi regionali, a intraprendere un immediato piano di valorizzazione di questi e alla realizzazione di musei virtuali che permettano di allineare i siti culturali siciliani agli standard europei.

Carta di Catania, cosa prevede la norma

Un provvedimento che concede il prestito a pagamento dei beni nei depositi dei musei dell’isola, con gli inventari che saranno compilati non solo da esperti catalogatori ma anche da studenti universitari e volontari. Il provvedimento decreta la concessione in uso, “per finalità di valorizzazione e di pubblica fruizione”, dei beni culturali “appartenenti al proprio Demanio e Patrimonio che si trovano in giacenza nei depositi regionali, affinché siano valorizzati attraverso l’esposizione in luoghi pubblici o privati aperti al pubblico che rispondano ai requisiti di legge”.

La concessione dei beni recita l’articolo 6, sarà “subordinata al pagamento di un corrispettivo che non potrà essere inferiore a un decimo del valore dei beni concessi, così come desunto dalle stime inventariali operate dal deposito regionale di origine”. Il pagamento potrà avvenire in denaro, ma anche in due ulteriori forme. La prima: “fornitura di beni e/o servizi destinati al patrimonio oggetto della concessione, o in favore di altri beni in giacenza nel medesimo deposito di provenienza, o in generale, a sostegno dei beni culturali del Demanio e Patrimonio della Regione Siciliana, quali, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, restauro, analisi archeometriche, catalogazione, pubblicazione e marketing”. La seconda: “fornitura di beni, servizi, infrastrutture o migliorie in favore del deposito di provenienza dei beni da concordarsi con l’Istituto concedente”.

I prestiti dei beni dei depositi potranno avere una durata compresa tra i due e i sette anni, tacitamente prorogabili una sola volta a parità di condizioni, salvo che il concessionario comunichi (con raccomandata o pec) entro i sei mesi antecedenti la scadenza la propria rinuncia al rinnovo.

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