Anni ‘50, Palermo si svegliava dopo la Guerra, si mangiava ancora poco e quasi mai la carne, ma la gente amava stare insieme e, spesso si riuniva per ascoltare l’Opra. E tra un episodio e l’altro, spesso tragici, il puparo proponeva piccole farse di qualche minuto, adatte anche ad un pubblico di ragazzini, popolate da personaggi ben conosciuti, maschere accentuate che incarnavano vizi e piaceri.
La gente conosceva benissimo il piccolo Virticchio e l’allampanato Nofrio, la bella Lisa, il napoletano Tistuzza, l’antipatico Baruni, e poi Scricchianespula, Peppennino, Jacupu, Fusiddu, che non salvavano alcuna pulzella ma inducevano alla riflessione. Per la prima volta Mimmo Cuticchio e la sua compagnia hanno deciso di organizzare il Carnevale dell’Opera dei Pupi, coinvolgendo l’intera via Bara all’Olivella, sede del teatro.
Oggi con replica domenica 7 febbraio, alle 18,30; biglietti: 10 e 5 euro, debutta “I Chianci a nanna – u testamentu ru nannu e da nanna”, spettacolo di Mimmo Cuticchio che recupera proprio le antiche farse, ma su scala moderna: non cambia il metodo e non mutano i caratteri dei pupi, ma i temi sono legati al mondo di oggi, e trovano spazio in un copione nuovo di zecca che focalizza l’attenzione sui problemi contemporanei: la disoccupazione, il diritto alla casa, l’arte di arrangiarsi per sopravvivere, la confusione politica.
Problemi drammatici affrontati da personaggi che rappresentano la gente comune, così come si faceva nell’ultimo trentennio del ’700, quando nei casotti del piano della Marina, si mettevano in scena le vastasate con i pupi di farsa e le maschere popolari che denunciavano problemi politici e sociali. Quando a decidere tutto erano i dominatori stranieri, i pupi di farsa si potevano permettere di sbeffeggiare il potere. Erano la voce del popolo. Gli altri tre spettacoli in programma, nei week end di febbraio – “L’albero incantato della maga Sibilla”, “Ricciardetto si finge Bradamante per amore di Fiordispina”, “Ruggiero salva Ricciardetto dal rogo” – saranno invece pensati e diretti da Giacomo Cuticchio che semplifica l’intreccio, rielaborando drammaturgicamente la storia, ma salvandone la fedeltà dei personaggi.
All’ingresso del Teatrino Cuticchio, “Pupi, pupiddi, maschere e paladini”, un pannello dipinto con buchi per i visi: un gioco delle sagome dove grandi e piccoli possono farsi fotografare e diventare Carlo Magno oppure Orlandino. Al laboratorio Cuticchio (da martedì a venerdì, per tutto febbraio) si può visitare la mostra “L’Opra e le sue maschere popolari” che, per la prima volta, racconta i pupi da farsa: personaggi che magari non avevano la grandezza e la maestosità dei paladini, ma possedevano vita e caratteri propri. In mostra alcuni pupi storici di Mimmo Cuticchio, e i ritratti su tela di Tania Giordano, che cura l’esposizione. E in via Bara ci si può anche perdere tra le botteghe artigianali: per tutto il mese, saranno al lavoro di fronte al pubblico, tornieri, orefici, giocattolai, miniaturisti, pittori, il meglio dell’artigianalità palermitana, il cuore fattivo delle sue mani. Previsti anche due laboratori creativi di giocattoli di legno per i più piccoli, domani e domenica (6 e 7 febbraio) alle 11 e alle 16, POTHèCA per i bambini che, tra coriandoli e filastrocche, potranno costruire e dipingere il loro Arlecchino che muoverà braccia e gambe. Partecipazione: 7 euro compresa la merenda.
“Negli anni Cinquanta, per noi ragazzi che abitavamo tra i vicoli della città antica, la grande festa non era quella di fine anno, che ci obbligava festeggiare in famiglia. La vera festa era Carnevale, la sera del Martedì grasso, quando si bruciavano u “nannu e a nanna” con tanto di lettura del testamento – ricorda Mimmo Cuticchio – Un paio di giorni prima, gli abitanti della zona preparavano due pupazzi di paglia, che rappresentavano un vecchio e una vecchia, li sistemavano su due vecchie sedie e aspettavano il tramonto per bruciarli, non prima di avere declamato, in modo beffardo e canzonatorio, un testamento nel quale si denunciavano le cose che non funzionavano nel quartiere, facendo riferimento anche a episodi accaduti a personaggi reali. Il fuoco aveva un ruolo purificatorio: si bruciava il vecchio e tutto ciò che doveva essere rinnovato, ma emergeva anche un valore propiziatorio, del risveglio della natura. Per questo motivo vogliamo recuperare quegli anni quella tradizione, e dividerla con il nostro quartiere. Quando aprimmo il teatrino nel lontano 1973, la strada era semi-abbandonata. Appena alle spalle delle antiche mura di Palermo, era un esempio del degrado. Sin dall’apertura del teatro, ho iniziato un percorso di rivalutazione delle pochissime botteghe artigiane che esistevano e ho sperato sempre che se ne aprissero di nuove perché la strada si identificasse in una dimensione di spazio a misura d‘uomo. Non è stato facile e ancora oggi non lo è, le difficoltà sono enormi, gli affitti altissimi, ma la strada resiste e noi con lei”.
IL PROGRAMMA
L’Opra e le sue maschere popolari
mostra a cura di Tania Giordano
Dal 5 al 28 febbraio
Da martedì a venerdì, ore 10 -13 e 16 -18,30. Ingresso libero.
Laboratorio teatrale – via Bara all’Olivella 48
Virticchio, Nofrio, Lisa, Tistuzza, Scricchianespula, Peppennino, Jacupu, Fusiddu, u Baruni: i pupi di farsa. Le storie che narrano non cavalcano l’epica delle avventure del ciclo carolingio, sono personaggi che non lottano contro il nemico e neanche liberano fanciulle in pericolo. La furbizia e la povertà sono l’arma contro il bisogni, dentro la cornice di un canovaccio. Sono maschere, lo specchio del semplice vivere, ma anche l’incarnazione di vizi e virtù umane. I pupi di farsa, in questa mostra, sono mostrati in una duplice veste: la marionetta-pupo, che agisce sul palco, la cui tridimensionalità di legno, stoffa e metallo è già presenza-essenza pronta ad agire, e il ritratto su tela, dove pittoricamente si evidenziano i segni distintivi del personaggio. Così Virticchio, piccolo di statura, con un occhio aperto e uno chiuso, furbissimo e intrigante, con quella parlata nasale che è la sua caratteristica; e il compare di sempre, Nofrio, alto e allampanato, “carne ‘e stendere” , con la faccia da morto di fame e la voce dell’abbanniatore. Con loro camminano Jacupu, il popolano, e Peppennino, bonaccione, scemo, con un nome che raccoglie i due dei presunti padri, Peppe e Nino. Antagonista è invece Tistuzza, napoletano di rientro, piccolo e basso con la testa sproporzionata. Nemico dichiarato, ‘u Baruni Cacalasagne o Mangiacuzzichi, avarissimo, che rappresenta tutta l’aristocrazia che affamava il popolino. Spesso i pupi di farsa litigano per i begli occhi di Lisa o quelli di Rosetta, femmine di panza che promettono tanto ma permettono poco. Sono tutti personaggi che il pubblico del Settecento conosceva benissimo e seguiva nei famosi “casotti” della Marina, guardati a vista dalle guardie borboniche visto che questi spettacoli erano considerati un ricettacolo di ribelli e sobillatori, tanto che alla fine vennero chiusi e le compagnie dei pupari migrarono nei paesi dove la tradizione della farsa restò viva per tutto l’Ottocento.
Sabato 6 e domenica 7 febbraio, alle 18,30. Biglietti: 10/5 euro.
Teatrino dei Pupi, via Bara all’Olivella
I chianci a nanna – U tistamentu ru nannu e a nanna
spettacolo con i pupi di farsa diretto da Mimmo Cuticchio
con la partecipazione di un vero “sunaturi”, Totò Pitti, a chitarra e fisarmonica
Sono quasi quarant’anni che, promuovendo la memoria e la conoscenza dell’Opera dei Pupi, aspiro a contribuire alla costruzione di un domani certo per il suo Teatro – spiega Mimmo Cuticchio – . Ho cercato, in tutti questi anni, di narrare e rappresentare le storie dei pupi e il loro mondo, nel tentativo di far scaturire dalla memoria le ragioni di un concreto rinnovamento. Rimembrare il passato non significa tornare a riviverne minutamente ogni attimo, quanto piuttosto selezionarne i momenti per noi più vivi e significativi. Per la prima volta, dopo tutti questi anni di pratica e di memoria, ho deciso di mettere in scena uno spettacolo con i soli pupi di farsa, all’interno di un copione che focalizzi l’attenzione sui problemi che viviamo oggi: la disoccupazione, il diritto alla casa, le difficoltà di arrivare alla fine del mese, l’arte di arrangiarsi per sopravvivere, la confusione politica cui assistiamo inermi tutti i giorni. Problemi drammatici affrontati da personaggi che rappresentano la gente comune, così come si faceva nell’ultimo trentennio del ’700, quando a Palermo, nei casotti del piano della Marina, si mettevano in scena le vastasate con i pupi di farsa e le maschere popolari che denunciavano problemi politici e sociali. Quando a decidere tutto erano i dominatori stranieri, i pupi di farsa si potevano permettere di esprimere, attraverso frizzi e lazzi, ciò che all’uomo comune era proibito.
Paladini tra i bambini (pannello fotografico)
Le sagome di paladini, principesse e guerrieri avranno il volto di chi vorrà farsi fotografare, immortalando nel corpo del personaggio preferito il proprio volto.
Gli altri spettacoli dei pupi di farsa diretti da Giacomo Cuticchio
ore 18,30 Teatro dei Pupi – via Bara all’Olivella, 95. Biglietti: 10/5 euro
sabato 13 e domenica 14 L’Albero incantato della maga Sibilla
sabato 20 e domenica 21 Ricciardetto si finge Bradamante per amore di Fiordispina
sabato 27 e domenica 28 Ruggiero salva Ricciardetto dal rogo
Spettacoli, dall’intreccio complicato, ma semplificati senza impoverire il fulcro della storia che si vuole rappresentare. La rielaborazione drammaturgica è sostanzialmente fedele alla narrazione tradizionale senza copione, lasciando campo all’improvvisazione. La struttura della messinscena rispecchia rigidamente le regole della tradizione antica così come la precisione di esecuzione e la ricchezza spettacolare sono in linea con il viaggio dell’oprante.
Laboratori artigianali su via Bara all’Olivella aperti dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 18,30
Commenta con Facebook