Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’analisi politica dell’attuale situazione regionale di Nino Tilotta del coordinamento dell’area Orlando del Pd.

“Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa in quale porto vuol approdare”, scriveva Seneca. Peggio, se non si sa neppure il mare in cui si vuole navigare.

Ed è questo che sta accadendo, a mio avviso, per le elezioni regionali ai dirigenti di partiti e movimenti (civismo compreso). Il quadro politico nazionale e la vicinanza delle elezioni nazionali senza una legge elettorale non aiuta, e fa porre in secondo ordine gli interessi della Sicilia, dei siciliani e anche degli stessi partiti e movimenti regionali.

Tutti i sondaggi danno come partecipazione al voto, il 45 per cento e tutti gli schieramenti, nessuno escluso, sembrano assuefatti a questa previsione e alla rincorsa di questi voti. Non c’è in questo dibattito pre-elettorale alcuna ambizione in termini politici per fare dell’Isola un centro di innovazione, di cambiamento in grado di risvegliare la partecipazione e di fare della Sicilia qualcosa di più del “granaio” di consensi di Roma. Tutto ciò avviene malgrado questa Terra esprima le due più alte cariche dello Stato: Grasso e Mattarella. Personalmente, non credo che i loro siano riconoscimenti immeritati. Anzi tutt’altro. Mattarella, insieme al Papa seppure su piani diversi, sono le due figure in cui si riconosce la gente comune e si ripone la speranza dei meno fortunati e dei lavoratori (si pensi all’ultimo intervento fatto da Papa Francesco su diritto e dignità del lavoro).

Mi chiedo: è possibile che si parli e ci si confronti solo sugli schieramenti? Che il dibattito si areni su veti incrociati e sulla discontinuità rispetto al governo Crocetta? È come trovarsi su una nave che ha già mezzo scafo sott’acqua e stare lì a discutere su quale cabina avere assegnata. La sensazione è di trovarsi davanti ad una Terra senza ambizioni. Il che è paradossale perché il mare in cui la Sicilia si trova, il Mediterraneo è invece il cuore di processi di globalizzazione di uomini e cose. Qualcuno si è reso conto che anche da noi, nei nostri piccoli comuni e non solo in quelli, si creano situazioni che rischiano di creare contrapposizione con gli immigrati? Personalmente non penso che i siciliani saranno mai razzisti, ma la politica non dando risposte ai bisogni dei cittadini più emarginati e aggravando i tagli finanziari agli enti locali su cui viene caricato il fenomeno, pone le condizioni per una “guerra tra poveri”. Allora perché non ci si confronta su quale può essere la risposta? Su cosa si può fare per trovare soluzioni alla crisi che impoverisce le nostre famiglie e al tempo stesso, alla richiesta di vita e di futuro dei migranti? Magari pensando a progetti economici comuni che partano dalla trasmissione del nostro Know how, impegnando nell’insegnamento non solodella lingua italiana quei docenti costretti a lasciare le loro famiglie dalla cosiddetta “buna scuola”? C’è da costruire una nuova cultura del Mediterraneo, non solo per gli immigrati ma anche per i nostri giovani, nelle nostre scuole e nelle nostre Università, per combattere alla radice ignoranza e intolleranza e costruire processi di interazione.

Si parli di Mediterraneo e si parli di Sicilia per favore, in queste elezioni. E non per non accettare diktat nazionali ma per far comprendere ai livelli nazionali che, come diceva Sciascia, non esiste l’italianizzazione della Sicilia ma la Sicilianizzazione dell’Italia. E se questo è il tema, allora il problema è come si cambia innanzitutto quest’Isola. Tornando a Seneca, il porto dove approdare non può più essere solo quello che mette al riparo dall’emergenza. Perché se una crisi si protrae non è più ciclica e non è solo strutturale ma di sistema.
E allora? Allora la prossima Assemblea regionale, il prossimo Parlamento Regionale, deve essere costituente, anzi RI-COSTITUENTE. Dobbiamo avere il coraggio di rimettere tutto in discussione e soprattutto noi stessi. Nessuna sponda a chi vuol cancellare con un colpo di spugna l’Autonomia siciliana. Ma neanche nessun supporto a chi in questi decenni ha utilizzato a proprio vantaggio personale e come “garante” di interessi dei potentati romani, l’autonomia.

Vanno attuate riforme dello statuto che permettano di avere una “autonomia in positivo”, ovvero che definiscano i tempi certi di recepimento delle leggi nazionali evitando, ad esempio, che nuove norme sul lavoro valgano per i giovani calabresi e non per quelli oltre lo Stretto. Altro tema caldo, gli enti locali. In questi ultimi anni abbiamo assistito ad una forte opera di accentramento sia dello Stato sia della Regione. Per un falso principio di “efficientismo” sono stati tolti poteri, competenze e risorse economiche gli Enti Locali. Contemporaneamente sono state fatte riforme per eliminare il voto diretto e introdurre quello di secondo livello. Si sono abolite e poi rintrodotte le Province. Tutto con un unico denominatore comune: il “fastidio” per la democrazia partecipativa!!!

Un’ultima considerazione, infine: si dibatte molto sul modello Palermo. Ma non mi pare che quello che si sta proponendo per le elezioni regionali abbia molto a che fare con quella esperienza. Si parla di civismo politico e condivido il progetto di Leoluca Orlando ma credo che siano chiare, per primo a lui stesso, due differenze sostanziali: il candidato a Palermo era un politico; per le regionali manca il valore aggiunto portato alle elezioni di Palermo a “Sinistra comune” e che ha visto insieme le sigle della Sinistra, i movimenti e l’associazionismo vero della Città.
La Sinistra, in fin dei conti, sta compiendo gli stessi errori delle altre forze politiche. Non è entrata nel merito del progetto, non ha posto condizioni pregiudiziali sulle azioni del governo della Sicilia, ma solo sulle alleanze, sulla presenza o meno di Alfano e AP, come se questa è la vera questione della discontinuità dal Governo Crocetta e da e quelli precedenti.

La vera discontinuità, a mio avviso, è non cadere nella “trappola della sostituzione del potere” nel ricostituire la politica Siciliana. E mi stupisce il silenzio assordante di sindacati e rappresentanze datoriali che in questi ultimi 5 anni hanno visto “appaltare” a Confindustria Sicilia le politiche economiche e che dovrebbero far sentire con forza la loro voce.

Stare in silenzio oggi rende tutti complici delle scelte future. La Torre ripeteva sempre che la politica non si fa per la gente ma con la gente e questo la sinistra, tutta la sinistra, lo dimentica troppo spesso.

Nino Tilotta
Coordinamento regionale dell’area PD-Orlando.

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