Nuova giornata di sciopero dei giornalisti dell’Agi, la seconda agenzia di stampa nazionale, contrari alla cessione dell’azienda dall’Eni ad Angelucci, deputato della Lega il cui gruppo possiede testate giornalistiche nazionali, tra cui Libero ed Il Giornale. Il Comitato di redazione dell’Agi,  alla guida della vertenza, avverte del pericolo, per l’informazione e per il futuro dei giornalisti, che si correrebbe se la trattativa andasse in porto.

Temete che il passaggio di consegne possa trasformare l’Agi in una agenzia di stampa del Governo?

Questa resta la nostra principale preoccupazione: un’agenzia di stampa è imparziale per sua stessa natura. Quanto sta accadendo è un inedito in Italia, dove nessun politico ha mai pensato mettere la mano sull’informazione primaria, quella che non guarda a nessuna fazione politica.

Sotto l’aspetto dei posti di lavoro ritenete che il nuovo editore possa operare dei cambiamenti radicali? Se sì, quali?

Certo, lo temiamo come accade in tutte le vertenze sindacali. Tra l’altro, non si riesce a comprendere quale sia reale intenzione del possibile acquirente, cosa voglia fare degli oltre 70 giornalisti e del 19 poligrafici. Nonostante le nostre richieste, l’azienda non ci ha risposto sui termini della compravendita.

L’Agi, come l’Ansa, copre tutto il territorio nazionale. Pensate che, con la nuova proprietà, le corrispondenze delle cosiddette periferie spariranno?

Non lo sappiamo, in realtà, ma temiamo che un’informazione centralizzata sia più controllabile politicamente. E su questo siamo pronti – e lo stiamo dimostrando in questi giorni – a opporci con tutta la nostra forza.

In Sicilia, l’Agi ha una spiccata capillarità. Ci lavorano due redattori insieme ad un piccolo esercito di corrispondenti. Che scenario immaginate?

Crediamo che la sede di Palermo, come le altre nel resto della penisola, siano state in questi anni punti di riferimento di un’informazione capillare, attenta e imparziale. Non vogliamo immaginare scenari, ma sottolineare che qualunque ipotetico riassetto, chiunque sia l’editore, dovrà consolidare, e non ribaltare, questi punti di riferimento.