Mentre si attende che all’Ars arrivino Bilancio e Finanziaria regionale che dovrebbero essere licenziati dalle competenti commissioni in tempo per approdare in aula fra una settimana, martedì 27 marzo, il dibattito sembra spostarsi, inesorabilmente, verso un tema diverso: l’abolizione del voto segreto in aula.

Il ricorso al voto segreto attualmente è possibile su qualsiasi provvedimento, per così dire, contestato e basta una richiesta avanzata da almeno 7 deputati (nove in casi specifici) alla quale il presidente non si può sottrarre se supportata (ovvero se proveniente dal suddetto numero di deputati).

L’esigenza di introdurre il voto segreto in ogni assemblea Parlamentare dipende dalla volontà del legislatore di lasciare libertà di coscienza. Insomma se un deputato non è convinto del modo in cui ha deciso di votare il proprio gruppo, partito o referente, col voto segreto potrà esprimere il proprio dissenso liberamente senza rischiare di incorrere in sanzioni ‘politiche’ da parte del proprio partito, gruppo e così via.

Negli anni il voto segreto è stato usato spesso (anche di recente) in modo distorto e viene additato come ‘strumento degli inciucisti’. Per dirla in parole povere garantisce l’anonimato a chi magari si mette d’accordo con la maggioranza per ottenere un qualche beneficio e vota segretamente per l’elezione di qualcuno o per l’approvazione di una norma invisa all’opposizione o comunque lo fa per specifici interessi.

Dunque l’abolizione del voto segreto viene richiesta come strumento di trasparenza. Insomma il deputato voti in maniera palese e ne risponda al partito, alla maggioranza, ai suoi elettori. In questo senso appare come un provvedimento opportuno e di buon senso.

Ma l’abolizione del voto segreto porta con se due rischi per la democrazia. Il primo è quello dell’appiattimento del voto, il secondo quello dell’azzeramento del voto libero e democratico.

L’appiattimento del voto si ha quando tutti i deputati di una formazione votano in maniera acritica e uguale. Insomma il leader dice che si vota bianco e tutti votano bianco. Nessuno si cura di cosa ha votato o se ne cura poco o niente.

L’azzeramento del voto libero è una conseguenza indotta. Anche se mi sono curato della sostanza di ciò che voto, pur non essendo d’accordo voto a favore perchè temo che un voto difforme mi porti fuori da una maggioranza, da un gruppo, da un partito. Insomma temo sanzioni politiche.

Esiste un rischio di natura politica. L’abolizione del voto segreto può essere intesa come uno strumento per compattare una maggioranza risicata (come è quella regionale siciliana) ed arginare l’opposizione, in questo caso, i 5 stelle più ancora che il Pd. Ma il rischio politico per la maggioranza è che proprio i 5 stelle, unica formazione veramente coesa nelle scelte nei parlamenti in cui siede, si avvalga, invece di questo strumento e spacchi sui singoli temi una maggioranza che potrebbe veder crescere la litigiosità a fronte di un voto obbligatoriamenete palese, almeno su alcuni provvedimenti soprattutto di spesa.

In queste ore tanto il Presidente della Regione Nello Musumeci, quanto il Presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, concordano sull’abolizione del voto segreto. E’ singolare che il tema venga sollevato proprio alla vigilia della prima vera prova d’aula di questa maggioranza di centrodestra che si troverà ad affrontare il suo primo bilancio di previsione e la sua prima legge di stabilità.

Dunque un voto palese per renderlo più gestibile? Forse sì o forse no visto che i tempi per modificare anche il regolamento d’aula probabilmente non ci sono e la cosa non si potrà fare prima del bilancio. Non bisogna dimenticare, infatti, che l’aula non ha ancora affrontato neanche le norme stralcio dell’esercizio provvisorio depositate a dicembre. Tre mesi infruttuosi su questo fronte che non lasciano certo ben sperare.

A conti fatti i rischi sembrano essere maggiori rispetto ai benefici. Dunque cari presidenti lasciteci dire che non siamo d’accordo. Il voto segreto, ancorchè nido di inciucisti e franchi tiratori, è pur sempre e resta uno strumento di democrazia. Ed uccidere un altro pezzo di democrazia, sia pure in nome della trasparenza, forse non è proprio ciò di cui questo Paese, questa regione, ha bisogno.

 

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