I giudici d’appello della corte dei conti, presieduta da Giuseppe Aloisio, hanno confermato in appello le condanne a due ex dirigenti della Regione Siciliana per la vendita al ribasso del Florio park hotel di contrada Magaggiari a Cinisi. L’albergo era stato valutato più di 14 milioni e mezzo, ma alla fine fu venduto per 4,7 milioni. E questa differenza dev’essere risarcita in parte dai dirigenti regionali che hanno dato il via libera all’operazione.

Danno erariale

I giudici in appello hanno confermato la sentenza in primo grado e condannato l’ex ragioniere generale Mariano Pisciotta a pagare un milione e 67 mila euro e l’allora dirigente del Patrimonio, Dania Ciaceri, a pagare altri 2 milioni e 37 mila euro per risarcire la Regione del danno erariale provocato.

La vicenda

La storia inizia nel 2004: la Regione fa valutare l’albergo, di proprietà dell’ente minerario siciliano, e lo colloca sul mercato. Sono bandite diverse gare d’appalto, che però vanno deserte. Alla fine si decide comunque di cedere il complesso facendo valere il diritto di prelazione dell’Albatour, la società che da più di venti anni lo gestiva: il prezzo, però, è fissato a meno di un terzo della stima. Nell’autunno del 2013 la compravendita viene perfezionata: il costo è di 4,7 milioni. Effetto di una serie di “sconti”.

La sentenza sul “mega sconto”

“Dal prezzo di mercato rivalutato, fissato in 14.684.120 euro – si legge nella sentenza – veniva decurtata la somma di 7.281.904 euro corrispondente al 50 per cento degli investimenti sostenuti dalla società, nonché la somma di 2.669.504 euro, costituita dal 50 per cento dei costi relativi ad altre opere di manutenzione da realizzare”. Un mega sconto in cambio della promessa di lavori su un immobile che però, a quel punto, sarebbe stato di proprietà della società. Secondo la sentenza, corroborata dalle indagini condotte dal nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Palermo, una parte di quelle spese è per di più relativa “all’acquisto di arredi e corredi”, come annota la sentenza quindi non era rimborsabile.