Infiltrazioni nella grande distribuzione fra Palermo e Carini. Scatta una confisca beni per un valore di oltre 200 milioni di euro a carico di sei società del Gruppo Sammaritano, riconducibili all’imprenditore Giuseppe Sammaritano. Le indagini del nucleo di polizia tributaria di Palermo avrebbero evidenziato una pesante sperequazione fra i redditi leciti e i beni aziendali. Il sequestro era scattato nel 2012 ora arriva la confisca.

Il nome di Sammaritano viene a galla dall’analisi dei pizzini ritrovati nel covo di Bernardo Provenzano, nel 2006. In quel caso era il boss Salvatore Lo Piccolo a chiedere un aiuto per lavorare con “Sammaritano del Cedi Sisa di Carini”. Sammaritano, in seguito, patteggerà una condanna per favoreggiamento per non aver mai confermato di pagare il pizzo come invece sarebbe stato dimostrato dalle indagini.

A legare le imprese di Sammaritano ai boss sarebbero poi una serie di intercettazioni e alcuni investimenti a Castelvetrano. Secondo l’accusa nella Sicilporodest srl, una delle società di Sammaritano che adesso sono state confiscate, era interessato anche Salvatore Abate, inquilino del cognato di un latitante.

La confisca oggi è scattata, oltre che per la Sicilporodest, anche per la Fratelli Sammaritano srl, con sede nella zona industriale di Carini, per le società palermitane Angelo Sammaritano srl e Max Gross che vendono, all’ingrosso e al dettaglio, profumi, casalinghi e detersivi. Sigilli anche per il 50 per cento della Gs Distribuzione srl e per numerosi terreni a Partinico. Confiscati pure alcuni appartamenti a Palermo in svariati quartieri dalla zona popolare di via Tommaso Aversa, fino a quella residenziale di via Belgio, una villa a Trappeto, tre case a San Vito Lo Capo, una Mercedes, un’Audi e denaro in vari rapporti bancari e finanziari per sette milioni di euro.