In Italia le cure palliative e il suicidio assistito restano due fronti aperti, diversi nei bisogni, ma uniti dalla stessa mancanza di decisione politica.

Le cure palliative, in particolare, mostrano un sistema ancora fragile: servizi frammentati, accesso diseguale, percorsi incompleti. Ogni anno centinaia di migliaia di persone avrebbero diritto a un’assistenza strutturata, ma solo una minoranza la ottiene. Il ritardo nella presa in carico e la convinzione, ancora radicata, che si tratti di un presidio “terminalistico” continuano a frenare una risposta efficace alla sofferenza.

In questo quadro si inserisce la riflessione di Giorgio Trizzino, fondatore della SAMOT, che denuncia un contesto incapace di garantire reali tutele: “Cure palliative e suicidio medicalmente assistito restano entrambi parte integrante di una medicina che rispetta davvero la dignità della persona, ma il contesto attuale nega tutto questo”. Senza un sistema pronto e competente, sostiene Trizzino, il suicidio assistito non può diventare una scelta davvero libera e consapevole.

Il modello SAMOT e la necessità di una legge sul fine vita

Sul territorio siciliano realtà come SAMOT, ente del Terzo settore pioniere nelle cure palliative, dimostrano che un’altra strada è possibile. Tania Piccione, responsabile regionale, sottolinea come “modelli di presa in carico multiprofessionale e integrati con i servizi territoriali possono essere applicati in modo efficace e continuativo, garantendo appropriatezza clinica e continuità assistenziale lungo tutto il percorso di malattia”.

Per Trizzino la situazione italiana richiede un cambio di passo: “La verità è che l’Italia non può continuare a usare la fragilità come argomento per rinviare le scelte. Servono più professionisti, più formazione, più servizi domiciliari, più consulti precoci. Serve allo stesso tempo una legge sul fine vita che riconosca pienamente l’autonomia del paziente. Solo così smetteremo di contrapporre cure e diritti e inizieremo finalmente a tutelarli entrambi”. Una richiesta che rimette al centro due parole chiave: dignità e responsabilità.