Dei 94 interventi per la depurazione delle acque reflue in Sicilia, finanziati dall’accordo di programma quadro del 2012 con 1,158 miliardi di euro, ben 27 bandi per 757 milioni di euro, pronti per andare in gara con il metodo dell’appalto integrato, sono stati bloccati nell’aprile del 2016 dall’entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti, che ha soppresso questo tipo di procedura senza prevedere, alcun periodo di transizione. Dunque, le stazioni appaltanti hanno dovuto ricominciare tutto daccapo”. Lo afferma in una nota Ance Sicilia.

“La successiva scelta di affidare ad un Commissario straordinario unico il compito di accelerare l’esecuzione degli
interventi, ma senza poteri di deroga a quella normativa, non sembra avere prodotto gli effetti sperati. Infatti, – prosegue – a gennaio 2018 risultavano in corso di esecuzione o con gare bandite soltanto 18 interventi per 141 milioni di euro, pari al 12,21% del totale che andava costruito o avviato entro la fine dello scorso anno”.

Secondo l’Ance: a fine 2017 l’ufficio del Commissario unico ha poi pubblicato un elenco di 44 avvisi di preinformazione, che non costituiscono bando di gara, riguardanti 49 interventi per altri 431 milioni di euro. Anche ipotizzando che vengano messi in atto entro quest’anno, si arriverebbe a realizzare non prima del 2022 appena 67 interventi (71,28% del totale programmato nel 2012 dal Cipe) per soli 572 milioni di euro (49,46% dell’importo totale finanziato).

“E’ del tutto evidente – commenta Santo Cutrone, presidente di Ance Sicilia – che l’ostinata scelta di Palazzo Chigi di non
ascoltare nessuno e di andare avanti a testa bassa sulla riforma del Codice dei contratti pubblici ha provocato, in maniera
arrogante, soltanto dei danni che adesso si vorrebbero fare pagare ai siciliani”.